Titolo Werewolf
Autore Angelinelli Francesca
Prezzo € 14,50
Dati 260 pagine
Editore Linee Infinite Edizioni
ISBN 978-88-6247-021-6
Dopo i fantasy orientali Chariza. Il Soffio del Vento e Chariza. Il Drago Bianco e il fantasy eroico Valaeria, l’autrice Francesca Angelinelli si mette alla prova con un altro genere della narrativa fantastica: il paranormal romance.
Inghilterra, XIX secolo. Antichi miti e spaventose leggende aleggiano attorno alla casata dei Werewolf. Kate, figlia adottiva di Arthur Werewolf, intraprende un viaggio che la porta all’antica dimora di famiglia, là dove tutto é cominciato. Costretta a scontrarsi con superstizioni, cacciatori di licantropi e un cugino dall’umore lunatico, riuscirà Kate a svelare il mistero che avvolge Wildfell Hall e a salvare Jonathan dal suo isolamento?
Werewolf è fondamentalmente la storia dell’incontro tra John e Kate. Due personalità diverse eppure complementari. Due solitudini in grado di completarsi e di superare ostacoli all’apparenza insormontabili.
Una storia nella quale l’autrice dimentica, per una volta, le lontane atmosfere dell’estremo oriente e gli epici duelli delle sue precedenti eroine, per concentrarsi sulle intemperanze del cuore dei suoi personaggi. Per raccontare, ancora una volta, la storia di una donna. Non di una guerriera, ma comunque di una personalità forte, in grado di lottare con le armi della propria passione e dei propri sentimenti per difendere ciò che le è caro.
Un estratto dal libro:
tratto dal sito di Linee Infinite
http://www.lineeinfinite.net/portal/ima ... rewolf.pdf
27 Febbraio
Kateleen si svegliò di soprassalto. La carrozza su cui
viaggiava aveva preso l’ennesima buca ed era sobbalzata,
dondolando ed agitandosi come una barca colta
da tempesta.
Per un attimo la giovane trattenne il fiato. Cercò un
appiglio che le impedisse di essere sballottata dal suo
posto e, nonostante i battiti accelerati del cuore, si impose
di mantenere un atteggiamento calmo e composto,
mentre occhi e mente, ancora intorpiditi dal sonno,
si abituavano all’oscurità della vettura.
Era rimasta ormai l’unica occupante della carrozza
e la cosa le procurò un certo sollievo.
Doveva essersi addormentata dopo che avevano
lasciato l’ultimo villaggio. “Quello in cui è sceso il
giovane notaio”. Ricordò l’uomo che aveva passato
l’intera tratta intento a sfogliare alcune carte, riponendole
poi in eleganti cartelline di cuoio.
Si appoggiò allo schienale del divanetto di velluto
rosso.
Il giovane si era limitato a un cenno di saluto quando
era montato in carrozza e non aveva scambiato
con gli altri viaggiatori nemmeno una parola, concentrato
com’era sulle sue carte. La signora che gli stava
di fronte, una donna grassa e tozza che aveva tenuto
calcato sul capo un cappellino di paglia decorato con
fiori di stoffa, non aveva invece taciuto un solo istante
da che era stata caricata nel primo villaggio nel quale
la carrozza aveva fatto tappa.
Non l’aveva osservata molto, nella speranza che
sfuggire il suo sguardo le facesse capire quanto poco
era interessata alle disavventure delle sue figliole o
alla magnificenza dei suoi piccoli, adorabili, nipoti.
La sua attenzione era invece stata attirata dall’uomo,
alto e massiccio, con una folta barba corta e abiti
più adatti a una battuta di caccia che a un viaggio in
carrozza, che le si era seduto di fronte, salendo alla
seconda stazione. Anch’egli piuttosto taciturno e altrettanto
poco interessato alla saga familiare della
signora grassa. Il suo interesse, infatti, si era rivolto
per tutta la tratta più che altro al paesaggio che scorreva
fuori del finestrino, dato che non aveva degnato
i diversi viaggiatori che si erano susseguiti durante il
viaggio, salendo e scendendo nelle stazioni intermedie,
neppure di un rapido sguardo di circostanza.
Kateleen aggrottò la fronte. Era più che sicura che
non fossero previste altre fermate dopo il villaggio
nel quale avevano salutato il giovane notaio. La carrozza
avrebbe dovuto procedere verso Woodston e la
mattina seguente da lì ripartire per affrontare il percorso
inverso. L’uomo che era seduto di fronte, quindi,
avrebbe dovuto trovarsi ancora in vettura con lei.
Invece era sola.
Giunse le mani, si tormentò le dita in modo nervoso
e deglutì a vuoto. Quell’individuo le aveva lasciato
un’impressione sgradevole. Lo aveva ribattezzato “il
cacciatore”, per via del suo abbigliamento, ma anche
a causa dello sguardo da predatore con cui aveva
fissato per tutto il tempo la brughiera. Uno sguardo
torvo, reso ancora più minaccioso dalle sopracciglia
nere e folte.
Aveva avuto l’impressione che stesse cercando
qualcosa tra i campi e i boschi che avevano attraversato
e che, man mano che procedevano nel viaggio,
una smorfia, un leggero ghigno di soddisfazione,
comparisse sulle sue labbra serrate. E, dato che era
certa che non fosse sceso alla stazione precedente, il
fatto che fosse sparito all’improvviso dalla carrozza
non faceva che acuire il turbamento che aveva suscitato
in lei.
“Un uomo pericoloso” si disse, poi si spostò sul bordo
del sedile e allungò una mano guantata per scostare
la tendina che chiudeva il finestrino.
Fuori si estendevano i campi e la brughiera, ma
c’erano case sparse lungo la strada che si potevano
distinguere per via delle luci accese al loro interno. La
sera infatti era già scesa, benché non potesse essere
poi molto tardi.