Murakami è tra i miei autori preferiti, a partire da Norwegian Wood ( o Tokyo Blues, a seconda delle edizioni), passando per Kafka sulla spiaggia, Nel segno della pecora, Dance Dance Dance, L'uccello che girava le viti del mondo e La fine del mondo e il paese delle meraviglie per arrivare, infine, a un libricino di forse cento pagine ma che trasmette delle atmosfere e una dolcezza sublimi, A sud del confine, a ovest del sole.
Quello che mi piace, e mi ha avvicinato alla letteratura giapponese, o comunque ad un certo tipo di letteratura giapponese, è la fortissima presenza della spiritualità, intesa non in senso ascetico ma mistico. La presenza di fantasmi, spiriti, visioni, tutto quello che noi chiamiamo paranormale sembra essere per loro (i personaggi dei romanzi che ho letto) la normalità. Si percepisce un senso di ineluttabilità, ma comunque bene o male non c'è la sconfitta che schiaccia al suolo senza possibilità di risollevarsi. Ci sono tristezza, solitudine, inadeguatezza e diversità senza che però questi sentimenti diventino distruttivi, ma anzi avvolgono la vita dei protagonisti di un manto delicato e sottile di dolcezza. Sicuramente le parti più belle sono quelle introspettive ed è incredibile che anche la narrazione di giornate perfettamente normali e non interessanti sia illuminata da un'aura che le rende particolari.
Mostrano un Giappone affascinante, diviso tra la tradizione e la modernità. Grandissima attenzione viene data, sempre, alla cucina.
Leggere Murakami poi è come ascolatre una colonna colonna sonora: tutti i suoi libri sono impregnati di musica, occidentale mai orientale.