Tavola Rotonda, 2 dicembre 2009

Lettori e autori si confrontano su vari temi intorno alla Tavola Rotonda della Locanda

Moderatore: nihal87

Prima Tavola Rotonda della Terra di Altrove, 2 dicembre 2009

Messaggiodi SeanMacMalcom » 12/12/2009, 22:48

Gio: «Buona sera a tutti, questa sera a questo tavolo, gli scrittori amici della Locanda che hanno in comune la passione per il fantasy. Sono a vostra disposizione per una bella chiacchierata sulle loro opere, ma anche sulle tematiche fantasy che più vi interessano...»

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Ayram: «Quando scrivete i vostri racconti fantasy, quante volte vi capita che a condurre la storia siano gli stessi personaggi? Quante volte, ognuno di loro, col proprio carattere e temperamento, fa deviare la vostra idea di partenza?»

Francesca Angelinelli: «Mmmmhhh, per quel che mi riguarda quasi mai, ma perché io faccio tanti schemi all’inzio e anche schede per i personaggi, per cui so già anche in che modo il carattere o la singola storia personale potranno influire sulla trama generale.»

Luca Centi: «A me capita spessissimo e ne sono anche contento!
Di solito, almeno per me, quando un personaggio prende il sopravvento vuol dire che la storia funziona. Vuol dire che la creazione ha i suoi pensieri, un suo carattere e non ha problemi a prendersela con lo scrittore! Per questo, per evitare azioni imprevedibili, bisogna sempre creare una scaletta studiata, analizzare ogni situazione.»

Sean MacMalcom: «Sempre e comunque.
Ho letto, mi pare su Anobii, qualche autore che sosteneva come simile deriva fosse chiaro segno di incapacità del principiante, dove un professionista dovrebbe avere in mente la propria trama e condurla a termine senza esitazioni.
In verità, al massimo, a me capita ogni tanto di trovare qua e là un canovaccio, di darlo in pasto ai protagonisti delle mie storie e di limitarmi a osservare cosa avviene. Non per nulla mi definisco, solitamente, quale "Cronista di mondi diversi" e non "Scrittore".
Che poi, questo mio modo di agire, sia chiaro segno di mancanza di professionalità... non lo so... e sinceramente poco mi importa: mi diverto molto di più a lasciare che siano i personaggi a scrivere la propria storia esattamente come io cerco di scrivere ogni giorno quella della mia vita, senza privarli eccessivamente del diritto sacrosanto all'autodeterminazione e alla libertà, anche dove questo neghi totalmente l'idea con la quale tutta la narrazione aveva apparentemente avuto inizio.»

Ayram: «E' quello che penso anche io. Scrivere (quando lo si fa per rispondere a un impulso artistico profondo) è come dipingere, e fare arte in generale: bisogna lasciare che le cose si evolvano tra le nostre dita, liberamente. Noi serviamo solo a plasmare quello che si crea da sé. Anche io non la vedo come mancanza di talento, ma tutt'altro.»

Gio: «Luca: insomma… libertà ai protagonisti, ma entro certi limiti predefiniti?»


Luca: «Sì, libertà fino ad un certo punto. Certo, se alcune scelte vanno contro il carattere del personaggio, meglio evitare, perché anche i lettori storcerebbero il naso. Per ora a me è accaduto una volta e anziché modificare il carattere di X in modo brusco, l'ho livellato lentamente. Un lavoraccio!»

Gio: «Dicci!!!!!! Dicci chi era!!!»

Luca: «Keira. All'inizio la sua "conversione", anche se prevista, mi sembrava troppo repentina.»

Gio: «Sean: Ma allora tu non sai come andranno a finire le tue storie? Ho conosci così bene i tuoi protagonisti che riesci ad intuire cosa succederà?»

Sean: «Su 15 storie attualmente portate a termine delle Cronache, facendo un rapido controllo, solo una si è QUASI conclusa come avevo supposto dovesse concludersi, sebbene un personaggio abbia, all'ultimo, dimostrato di aver preso una strada del tutto inattesa anche da parte mia.
Quindi direi che non sono poi così bravo nell'anticipare la conclusione delle storie... o, forse, non conosco poi così bene i personaggi delle cui vicende mi impegno a narrare. E in questo, sia chiaro, tengo a sottolineare che l'eventuale incoerenza è solamente mia nel prevedere gli eventi... non loro nel viverli.»

Blackie: «Domandina veloce veloce....
...dove scrivete di solito?!
Non mi ricordo quale scrittrice ha detto che lei preferisce scrivere nei bar o ai ristoranti perché a casa c'è la TV che la distrae (mai usato il telecomando per spengerla?!), quindi....dove scrivete?!
In bagno? In cucina? Sulle scale del palazzo facendo attenzione che i condomini non vi calpestino mentre salgono o scendono le scale? Nei ristoranti tipo..."Io prendo delle fettuccine al ragù....e lei cavalcava solitaria nella valle....e una bistecca...e il sole tramontava alle sue spalle...con contorno di insalata....mentre i cadaveri smembrati formavano una pozza di sangue....la bistecca ben cotta, grazie...." ....?»


Sean: «Dove riesco ad avere un istante libero per farlo.
Agendo con scadenza quotidiana, ogni istante e ogni luogo è buono per scrivere...
In genere, ovviamente, la sede principale della stesura è in camera mia, seduto davanti al PC fisso. Ma, quando mi capita di viaggiare, non mi separo mai dal portatile per proseguire.»

Luca: «Io prima scrivevo in camera, solo ed esclusivamente di notte. Ora che la mia camera è un porto di mare sono costretto a scrivere ovunque, anche in bagno!»

Francesca: «Nella mia stanza, sul lettonzolo, che ho posizionato come un divano. Perché ho tutti i miei libri e perché posso starmene tranquilla e comoda.
E ringhio a chi cerca di entrare in stanza.»

Ayram: «Durante la stesura del libro, fate leggere a qualcuno i vostri progressi? Amate ricevere consigli o preferite che la storia venga letta solo quando l'avete terminata?»

Mario De Martino: «Dipende.
A volte lo faccio e a volte no.
L'Erede è stato letto da un mio amico quando era ancora in fase di stesura, così come mia sorella ha letto il mio horror... ma di solito non chiedo consigli: ho già la storia in mente e finirei solo per sconvolgerla. Il bello è che scrivo in solitudine assoluta!»

Luca: «Io all'inizio ho paura delle critiche, perché basta un parere sbagliato - o detto male - a farmi crollare tutti i progetti che ho in mente. Eh sì, sono davvero poco sicuro di me stesso! Per questo faccio leggere ai miei amici solo a romanzo finito. C'è da dire che un paio di amici carissimi, che ringrazio anche nel romanzo, conoscono già gli sviluppi futuri... sono stati davvero importanti nel suggerirmi idee e correzioni che mi erano sfuggite!»

Sean: «Scrivendo feuilleton, la lettura in presa diretta è ovvia e naturale.
Nel merito, poi, di consigli, non li ho mai disapprovati quando mi sono stati offerti, sebbene non mi sia mai, nel corso delle Cronache, neppure, posto in soggezione innanzi a essi.
Dopo aver trascorso numerosi anni ad inseguire i desideri, le volontà di altri, per cercare di accontentare tutti, mi sono infatti accorto di come, alla fine, non avrei ovviamente potuto accontentare realmente tutti e, inevitabilmente, il primo a risultarne scontento finivo poi per essere io. Quando è iniziata, l'11 gennaio 2008, l'avventura quotidiana di Midda's Chronicles, ho deciso di non concedere al mio carattere (veramente pessimo in questo) di farmi mettere i piedi in testa da nessuno, scrivendo, una volta tanto, per rendere felice me stesso ancor prima di qualche ipotetico (o reale) lettore...»

Francesca: «Una volta sì, quando ero giovane e insicura facevo leggere man mano che procedevo a delle amiche. Adesso no, non ne avrei nemmeno il tempo. Legge mia sorella, per aiutarmi nella correzione e basta.»

Gio: «La domanda più bella e la domanda più scema che vi siano mai state rivolte da un vostro lettore-fans…»

Paola Boni: «Beh posso rispondere con sicurezza alla domanda più scema che però non mi è stata fatta, ma l'ho sentita a una presentazione al Lupo Rosso: "fatti una domanda e datti una risposta".»

Francesca: «La domanda più bella… mah, non esiste, quando ci si confronta e si vede che il lettore ha gradito è sempre bello.
La più scema? In che senso? Quella che potevano evitare di farmi è stata una sulla morale nei miei romanzi. Se invece intendi la più simpatica, quella della Fra quando mi ha chiesto che coloro associo ai miei romanzi.»

Luca: «La domanda più bella? Più che una domanda è stata l'osservazione di una ragazza siciliana. Mi ha detto di essersi immedesimata molto in Keira, nella sua continua ricerca della verità. Il tema della fede, per questa ragazza, era davvero evidente. Ecco, lì credo di essermi emozionato tantissimo. Era uno dei primi commenti tra l'altro!
La peggiore domanda è stata: sai quando uscirà la seconda copertina? Mi ha demoralizzato tantissimo.»

Mario: «Domanda più bella: cos'è per te la scrittura?
Domanda più scema: ma lo hai scritto tu? (Risposta: Noooooo, la signora che abita di fianco a me!)»

Sean: «Err... in verità non mi sono mai state poste domande in presa diretta, prima di stasera, quindi non ho basi sulle quali risponderti.»

Ayram: «Le copertine da chi ve le fate fare? e secondo quale criterio?»

Luca: «La mia illustratrice di copertina è Silvia Fusetti. E' stata bravissima nel riproporre la mia immagine del Guardiano e della Pietra Alchemica. In generale c'è dialogo con l'editore, anche se, ovviamente, l'ultima parola spetta a lui.»

Mario: «Le copertine de L'Erede sono state realizzate dalla Casa Editrice (Runde Taarn Edizioni), così come quella di Justin proviene dal catalogo della 0111 (io l'ho solo scelta).
La copertina di Con gli occhi dell’innocenza è stata realizzata da una bravissima disegnatrice, Valeria Rambaldi.»

Sean: «Dalla mia disegnatrice di fiducia che, con tanta pazienza e tanto impegno, cerca di accontentarmi non solo per le copertine ma per le 15 tavole che ogni volta pretendo all'interno dei volumi cartacei di raccolta delle Cronache.
In verità, circa sei mesi prima della pubblicazione del libro, facciamo una piccola "riunione editoriale", nel corso della quale analizziamo insieme le trame dei racconti che saranno inclusi all'interno del volume, cerchiamo di individuare le scene che potrebbero risultare più significative o più scenografiche da riportare in versione "grafica", per le illustrazioni interne o per la copertina, e poi lascio a lei via libera di agire, controllando di tanto in tanto come procede l'opera e, eventualmente, suggerendo qualche possibile miglioria...
Ovviamente, dal suo impegno, nascono almeno il doppio delle tavole richieste, che poi vengono selezionate insieme per scegliere le "migliori". Inutile dire, infine, come le copertine siano ovviamente le più rognose da creare (per lei) e da valutare (per me)...»

Francesca: «Da quelle di Chariza mi dissocio, io non c’entro.
Quelle di Valaeria e di Werewolf sono di Francesca Resta, anche se non fatte apposta per i miei romanzi, ma ugualmente azzeccate per le storie narrate nei romanzi.
Mentre quella di Kum è opera di Sara Forlenza, illustratrice dell’editore Casini.
In genere le sceglie l’editore, quindi. Anche se in realtà io ho sempre una mezza idea di copertina.
E finalmente per la copertina dei Racconti io e la Fra riusciremo a mettere insieme qualcosa apposta. Banzai!»

Paola: «Per quanto riguarda Black Angel la copertina è stata realizzata da Emera, una mia cara amica il cui stile dark rispecchia molto la storia (tanto che adesso sta lavorando alla graphic novel) mentre per Amon copertina e illustrazioni varie sono state realizzate da Sara Forlenza, una ragazza che ha contattato il mio editore e il cui stile ho adorato fin da subito.»

Gio: «La critica peggiore che vi sia stata rivolta a proposito delle vostre opere o del vostro stile narrativo?»

Luca: «Guarda, il mio è un caso strano. Nelle due parti che compongono il romanzo, ho dovuto, per forza di cose, utilizzare due stili diversi, anche se simili per certi versi. Ecco, alcuni hanno apprezzato il primo ma non il secondo e viceversa, forse influenzati dall'abisso tematico che c'è. Le critiche peggiori comunque sono state quelle relative all'uccisione di dati personaggi; non vere e proprie critiche quanto sfoghi. E dire che niente è come sembra! Forse col secondo volume ci saranno delle scuse, boh!»

Sean: «La mia illustratrice mi paragona a san Paolo per la complessità di certi periodi che scrivo.
Ma, c'è da dire, che probabilmente ha anche ragione...»

Francesca: «Beh, a me han detto che non sapevo scrivere, che avevo problemi con la grammatica e la sintassi.
Eh, i miei editori… tutti pazzi sconsiderati!»

Dubricius: «Chi di voi la pensa come King?
Colui che scrive non inventa nulla, è un essere semplicemente dotato a captare un canto che nessun altro sente limitandosi a metterlo su carta. Il canto, il sogno, la storia ... per quel che ne sappiamo potrebbe venire da un universo parallelo o una miriade di universi sovrapposti. Chi ha detto che "niente è impossibile, ma basta pensarlo perché si aprano i presupposti ad una possibile realtà?"»


Sean: «Sono ignorante e ammetto che non avevo mai sentito questa citazione (in perfetto stile King, direi), ma concordo totalmente (cfr. anche la mia precedente e personale autodefinizione). Del resto, nella teoria degli infiniti universi paralleli, noi stessi e questa nostra attuale "conversazione", potrebbero star venendo descritti da un qualche scrittore di un altro mondo...»

Francesca: «King può dire quelle belle cose sognanti perché ha un metodo acquisito e forte con il quale ha conquistato il mondo. Sicuramente ha lavorato duro per apprendere la tecnica.
Nessuno di noi però è King. Per cui io mi tengo i manuali a portata di mano, studio, mi rimbocco le maniche e mi do da fare… »

Dubricius: «Avete mai partecipato a concorsi letterari?»

Mario: «No...»

Luca: «No, anche se una volta stavo per farlo. Si trattava di una composizione breve sul tema della "maschera", i volti diversi che mostriamo nelle varie situazioni. Solo che per contratto ho dovuto tirarmi indietro...»

Sean: «Sì. Alle superiori, per cinque anni, in un concorso organizzato fra diverse scuole superiori di Milano.
Per il resto no... nulla in contrario, ma rischierei, mettendomi in gioco in un concorso, di impegnarmi al fine di "soddisfare" la giuria, dato il mio carattere schifido a cui sopra accennavo, e non al fine di narrare qualcosa che mi piace veramente. Quindi preferisco evitare!»

Paola: «Si a un concorso per un'antologia di vampiri organizzata dalla Ferrara Edizione. Anche se non sono arrivata prima sono comunque rientrata tra i racconti pubblicati nell'antologia, quindi direi che è stata una bella soddisfazione.»

Francesca: «Da quando ho deciso che doveva diventare una cosa seria!
E l’altro giorno ne ho anche vinto uno!!!!»

Koukla: «Scusate l'ignoranza, ma sento spesso parlare di concorsi letterari e non mi è chiara una cosa: ma i premiati cosa vincono? Contratti con case editrici???»

Francesca: «Dipende. A volte sì, la pubblicazione. Altre, rare, soldi. A volte solo la gloria, ma è gloria che fa curriculum.»

Mario: «Dipende dai concorsi. Se si tratta di racconti si vince la pubblicazione in antologia, se si tratta di romanzi, si ottiene la pubblicazione in volume.
Io non ho mai partecipato... fatta eccezione per i concorsi cosiddetti "amatoriali", banditi da un forum per i suoi utenti. Anche il The Fantasy World ne ha bandito uno.»

Dubricius: «Ci sono anche targhe, coppe, premi in denaro ed attestati di partecipazione se giunto finalista ... la pubblicazione non mi ha mai entusiasmato fino ad ora e preferisco evitare di inviare il testo a concorsi che la mettono in palio.»

Yui: «Che cosa provate quando scrivete?»

Mario: «Bé, si è artefici di qualcosa, si può decidere praticamente tutto, dalla vita dei personaggi alle diverse situazioni, insomma... delirio di onnipotenza? Ahah, scherzo!
Più che altro una condizione di estraneazione dalla realtà. E ogni tanto ci vuole!»

Sean: «Dipende da cosa scrivo.
Se sto narrando una scena romantica, a volte invidia, in senso buono, o rabbia... a seconda se i protagonisti riescono a quagliare la questione o no!
Se sto narrando una scena d'azione, mi sento come quando guardo Die Hard...
Se sto narrando una scena di addio o lutto, invece, finisce anche che mi ritrovo a piangere come un idiota!»

Francesca: «Io mi diverto un sacco!!! Anche quando soffro coi miei personaggi, poi mi piace vederli rialzarsi. È meglio della realtà virtuale, meglio di un video game iper-realistico… insomma, è bello! Vivi un’avventura che tu stesso hai creato e speri di farlo bene, così che altri possano divertirsi e condividere la tua comunicazione.»

Paola: «Quando scrivo ho come la sensazione di tornare a respirare dopo una lunga apnea. normalmente è come se avessi la sensazione che mi manchi qualcosa di importante, provo un disagio profondo che mi fa quasi mancare il respiro a volte (quelle che io chiamo le mie crisi d'astinenza), ma quando scrivo tutto svanisce: il disagio, la sensazione di mancanza... è come se provassi tutte le emozioni del mondo, ma allo stesso tempo come se fosse totalmente in sintonia con la parte più profonda di me. Insomma è meraviglioso»

Gio: «Ragazzi e ragazze… questa sera, scherzi a parte, stanno uscendo delle cose meravigliose, davvero. Che bella cosa ci hai raccontato Paola...»

Luca: «Cosa provo quando scrivo? Dipende. Ho iniziato a scrivere per sfogarmi, per evadere dalla realtà. E la scrittura non ha fatto altro che insegnarmi ad affrontarla, la realtà. Ne ho tratto giovamento, ciò che pensavo e sentivo sono stati rielaborati sul testo. Un rapporto abbastanza controverso.»

Blackie: «Domanda scema per Mac... perché Midda con due “D”? Per non confonderla con Mida che era un uomo?!»

Sean: «In verità non è una domanda scema. Tutti i miei personaggi, nei loro nomi, offrono spesso riferimenti, omaggi, a persone a me care. E così è anche per Midda...
Per meglio capirci, prendo ad esempio il nome di alcune navi comparse nel primo libro: Jol'Ange e Har’Krys-Mar.
Sono, in verità, nomi di due donne del mondo dello spettacolo che apprezzo, adeguatamente "rimasterizzati". Il primo caso, soprattutto, penso che sia estremamente chiaro: Jol'Ange è un omaggio a Angelina Jolie (e prima di pensare che sia il solito maschio-porco, che ci può anche stare, sottolineo che il primo film da cui ho iniziato a considerarla è stato "Ragazze interrotte"); Har’Krys-Mar, invece, è un omaggio a Krystal Marie Harris, giovane cantante statunitense.»

Niji: «A me piace anche senza essere un maschio porco... direi.»

Sean: «Ne sono felice!!! Personalmente penso che sia una bravissima attrice... purtroppo, come anche Charlize Theron, troppo vittima della propria stessa icona per essere pienamente apprezzata come professionista.»

Blackie: «Avete letto le nostre avventure?! Che ne pensate?!»

Sean: «Ammetto un "mea culpa" e dico, purtroppo, "non ancora".
Ma non per mancanza di volontà, quanto per mancanza di tempo fisico nel farlo (e, in effetti, ero stato anche invitato a prendervi parte)!
Però, per partito preso, penso tutto il bene possibile, come solo potrei pensare di giochi narrativi come questo (a uno fra i tanti, anche io, dal 2002 prendo volentieri parte via mail)!»

Daisy: «Quanto di voi c'è nei vostri personaggi?
In modo particolare nei "cattivi"…»


Luca: «Tantissimo, a detta di chi mi conosce. Io credevo che solamente Windaw mi somigliasse, ma i miei amici hanno trovato tracce di me anche in Lea, Fyerno e Crysta. A pensarci bene hanno ragione. Qualcosina la scorgo anche in Gludia, il mio essere - non sempre per fortuna! - manipolatore, se messo alle strette. Non ai livelli di Gludia, ma un pochino sì, eh!»

Paola: «Nei cattivi c'è molto di me o meglio della mia parte più istintiva. Quando descrivo un personaggio malvagio lascio andare tutti i freni inibitori e penso a come sarei senza quella morale che ci impedisce di essere davvero come loro.
Nei personaggi positivi a volte sono semplicemente io come vorrei essere altre sono persone che invece vorrei incontrare nella mia vita sebbene i miei personaggi non siano mai completamente buoni. C'è invidia e malvagità anche in loro sebbene ovviamente (anche se non sempre) in minor misura rispetto ai veri malvagi perché in fondo in tutti c'è sempre un’ombra di invidia e malvagità è naturale»

Francesca: «Garzie al cielo poco, perché se sarebbero terribilmente noiosi! Io dico sempre che i personaggi sono come figli, per cui è normale che abbiano qualcosa dell’autore che li ha creati, però poi devono essere verosimili, più perone possibile, per cui devono avere una loro identità, una loro vita, un loro passato e futuro. Per cui alla fine sono esseri indipendenti da me, di cui racconto solo parte della vita.»

Mario: «Ah! Questa domanda è bellissima!! A mio parere è più difficile "creare" un "cattivo" che un "buono"...
Bé, diciamo che il cattivo fa uscir fuori il lato più "terribile" che si nasconde in ognuno di noi. Mi diverto un sacco con questo genere di personaggi... ehm... nell'horror sfioro il "crudele", però.»

Sean: «Mmm... a livello di riflessioni, credo che inevitabilmente vi sia molto della mia mentalità, del mio giudizio sul mondo, come del resto penso sia giusto avvenga, nel riconoscere una "paternità" sull'opera, nel renderla veramente "propria".
Nel merito, invece, proprio del singolo personaggio, c'è un personaggio in particolare a cui mi sento particolarmente vicino... e non è di certo uno fra i più eroici!
Anzi... in effetti avrebbe anche dovuto morire direttamente alla fine del racconto. »

Yui: «Cosa fate se vi prende il famoso "blocco dello scrittore"? avete dei metodi per farvi tornare l'ispirazione o aspettate il ritorno della musa?»

Paola: «Guarda io sono dieci anni che scrivo praticamente tutti giorni e devo dire che per fortuna non ho mai avuto un blocco anzi semmai un eccesso (basta vedere che per Black Angel attualmente sto scrivendo il terzo libro della saga e ho idee per almeno altri due libri)»

Francesca: «Considerando che sono contraria al concetto di “ispirazione” come musa che scende dal cielo, l’unico rimedio serio che ho trovato è: tanto caffè e affrontare la pagina bianca a muso duro finchè le parole non vengono come voglio io.»

Sean: «Fortunatamente con Midda's Chronicles, non mi è mai successo. Forse, anche per merito del fatto che mi limito a seguire le avventure dei miei personaggi e non a scriverle direttamente...
In passato, invece, è successo che mi capitasse... ma non tanto per mancanza di idee, quanto per eccessiva presenza di giustificazioni utili a rimandare la scrittura. In questo, penso, che la quotidianità delle Cronache mi stia molto venendo in aiuto, "costringendomi" a non oziare.»

Mario: «Per fortuna il mio "blocco dello scrittore" dura pochissimo, giusto il tempo di sistemare qualche frase e poi continuo di nuovo sciolto. Procedo a "scaletta", quindi la storia è già delineata. Certo, si tratta di una scaletta flessibilissima, ma almeno mi è difficile ingarbugliarmi.»

Gio: «Tradireste? Tradireste la libertà dei personaggi, la spontaneità della scrittura, la VOSTRA trama per una pubblicazione con una casa editrice con la C maiuscola? Per uscire con 8000 copie in libreria, vi adattereste alla logica commerciale che oggi impera anche nel mondo editoriale?
E dite la verità eh!»


Luca: «Se per uscire in libreria bisogna scombussolare la storia, tanto vale scrivere altro, non rovinare l'idea di base. Nel mio caso, per fortuna, ho trovato Persone con la P maiuscola. Gente che apprezza le idee buone e che, pur seguendo le scie del momento, evita di convertire tutti i romanzi che gli capitano a tiro!»

Mario: «Quoto Luca!»

Paola: «Assolutamente no. Anche con Amon ho sempre gestito le cose secondo il mio istinto con la storia, accettando i consigli dell'editore quando non "ferivano" i miei personaggi e lasciando sempre e comunque che fossero loro ad agire secondo la propria natura.
Se adesso dovessi rimettere le mani su Black Angel ad esempio (che ho scritto 5 anni fa e che quindi riflette una mio stile di scrittura più acerbo rispetto a quello attuale) sarebbe solo perché io ritengo che possa migliorare il testo e senza comunque mai stravolgere o cambiare la storia e non perché mi è stato suggerito da altri.»

Francesca: «No, e lo dico con sicerità. A me della Mondadori, per dirne una, non me ne può fregare di meno. Quello che cercavo era un editore serio che credesse nel progetto, che mi aiutasse con la sua competenza e che mi desse sicurezza del lavoro che volevo portare avanti. Ho faticato tanto per arrivare a trovare l’editore giusto e ho fatto anche tanta gavetta, ma credo proprio che ormai ci siamo. Tutto il resto… è un di più. Io non scrivo per diventare famosa, scrivo per raccontare belle storie. La serenità è la cosa più preziosa che un editore può dare al suo autore. Crederci e crescere insieme. Anche se invece che 8000 copie se ne vendono di meno.»

Dubricius: «Ho rinunciato a dar retta ad un'agenzia letteraria che mi consigliava di eliminare parti del testo per poter trarre spunto per altri ipotetici romanzi ad episodi. L'editor diceva di far capo alla Mondadori, ma il solo pensiero mi da i brividi.»

Koukla: «Ma che ragazzi "tutto d'un pezzo"! Levo il cappello (da cuoca) e m'inchino a co'tanta saggezza....»

Sean: «Considerando come finora non ho neppure tentato con una piccola casa editrice proprio per sentirmi veramente libero nella scrittura e nel formato del volume, con i disegni che io desidero, con le copertine che io desidero, con tutto ciò che io desidero (iniziative di beneficienza collegate)... istintivo mi verrebbe da dire no.
In un'intervista a "Che tempo che fa..." mi aveva molto colpito uno scrittore americano di fama internazionale, che praticamente da vita solo a best seller, che di fronte alla domanda "Da dove nasce il titolo del suo ultimo libro?" aveva risposto "Come per tutti gli altri titoli, io ne ho proposti 50 diversi... e la casa editrice ha scelto il 51°".
Mi spaventa tutto questo. Mi spaventa l'idea che "Midda's Chronicles" possa essere considerato "poco commerciabile" come nome e per questo venga stravolto completamente.
Sarebbe un tradire il mio impegno, il mio lavoro...
A mente fredda no, quindi... ma...
... dove lo spirito è forte, la carne è debole.
E non mi sento di affermare in maniera ipocrita che mai e poi mai cederei.
Solo vivendo una simile situazione potrei effettivamente essere in grado di valutarla...
Di certo, se cedessi, sarei il primo ad essere sconfitto.»

Gio: «Domanda per Paola: per la tua esperienza in libreria cosa guardano le persone che acquistano un fantasy, cioè cosa li orienta a scegliere un libro piuttosto che un altro?»

Paola: «Allora come libraia dire che a un primo impatto sicuramente la copertina e a ciò che trasmette loro a un primo impatto. Ovviamente poi ascoltano molto anche il suggerimento del libraio stesso (io cerco sempre di indirizzarli verso autori emergenti italiani) solo che questo si verifica appunto in un ambiente come una piccola libreria non certo nelle grandi catene. Però sì direi copertina, sinossi e anche dal tipo di pubblicità che è stata fatta al libro.»

Gio: «Domanda per tutti gli scrittori: secondo i pareri raccolti finora cosa ha spinto i vostri lettori all'acquisto del vostro libro?»

Paola: «Direi la curiosità dovuta a tanti pareri a volte diametralmente opposti e ovviamente al passaparola.»

Francesca: «Le minacce di Paola… ehm no… boh… non lo so. I miei libri sono arrivati, fino adesso, nelle mani dei lettori quasi sempre per caso o per sentito dire. Per cui non so… forse la curiosità, nel caso di Chariza.»

Luca: «La copertina e le minacce! A dire il vero non so rispondere. Posso rispondere da lettore: spesso vado ad impatto: copertina, sinossi e stile (tratto da qualche capitolo a caso. Poi si tratta di fortuna. Alle volte le copertine e la sinossi non hanno nulla a che vedere con la natura del romanzo!»

Sean: «Considerando quanto sia comunque "rognoso" comprare da Lulu.com, e quanto purtroppo il volume non si possa considerare economico (sebbene il formato mi sembri tutt'altro che brutto... anzi), credo che ciò che ha spinto i miei "lettori" a comprare una copia del mio libro sia stato solo e sicuramente un atto di sincera fiducia nei miei riguardi... e di questo non posso che essere loro personalmente grato!»

Gio: «Le critiche. Un po' avete già risposto, ma vi chiedo ancora perché l'argomento mi interessa: nell'era di internet succede qualcosa di decisamente nuovo e inconsueto perché gli scrittori si trovano lì belli e pronti centinaia di pareri positivi e negativi... A voi le critiche non fanno male? Sinceramente eh, se vi capitasse di leggere una stroncatura delle vostre opere su Anobii ad esempio... Non trovate che a volte alcune recensioni siano quasi 'violente'? Leggo a volte delle stroncature (non sui presenti) che mi lasciano perplessa...»

Niji: «Sono d'accordo... a volte si sfiora la maleducazione, a volte si va molto oltre. Poi non dico che ognuno non debba dire quello che pensa, ma c'è modo e modo.»


Luca: «Sarò scemo, ma più mi riprometto di non pensarci e più ci rimango male. Voglio dire, una critica negativa, se vera, non mi crea problemi. Certo, provo dispiacere, ma penso anche che non si possa accontentare tutti. Anche se spesso si batte sempre su un paio di punti che non sono come sembrano... e non posso dire niente perché potrei incappare nello spoiler gratuito.
Spesso però non si parla di recensioni quanto di insulti. E gli insulti si sa, vanno sul personale. Come se non si sapesse che insultando il prodotto finito, non si insulta solo l'autore ma anche tutte le persone che hanno lavorato ad esso: editor, uffici stampa, correttori di bozze e via dicendo. Come se bastasse schioccare le dita per avere un romanzo in libreria.
La cosa che più mi fa star male è che, alcune volte mi viene detto che sono uno che se la tira. Chi mi conosce sa che non è così, anzi! Un ragazzo ad esempio mi aveva chiesto, prima che andassi al Lucca Comics, di mandargli via posta l'autografo mio, di Elisa Rosso, di Miki Monticelli e di Pierdomenico Baccalario. Io l'ho fatto - rincorrendo tutti per gli stand - e alla fine neanche andava bene! Pare che la posta si sia persa, stando alle sue parole. Assurdo. Alle volte vorrei davvero tirarmela come dicono, vivrei meglio!»

Francesca: «Guarda, il primissimo commento apparso in rete su Chariza fu di Gamberetta… e ho detto tutto. Superato quello, tutto il resto è acqua fresca. Per lo meno nei toni.
Poi, se le critiche sono costruttive ben vengano. Se sono negative per via di gusti personali… non ci si può fare molto. Anche a me non piace tutto quello che leggo, per fortuna.
Io credo che ci si dovrebbe dare una calmata nei modi. L’Inquisizione per fortuna è stata abolita e ricordarsi che quelli che si esprimono sono sempre e comunque pareri personali non sarebbe male.
Detto questo, io stessa quando critico ci resto sempre male. Lo dico spesso: la lettura è comunicazione e se la comunicazione non funziona non è tutta colpa né dell’autore né del lettore, è un bel 50 e 50 che può essere dovuto a tante cose. Spesso solo a gusti diversi. Ma niente di male, no?
Perciò, lo dico per Luca, chissene… tira dritto e fregatene! Mi pare d’avertelo già detto. Tu fai il tuo, al meglio, non potrai mai piacere a tutti. Ma non è mica un difetto! Se tutto piacesse a tutti saremmo amebe. Grazie al cielo abbiamo un cervello! Per cui… non ti curar di loro (di chi ti insulta).»

Paola: «Guarda ci sono state delle volte in cui ho passato ore in lacrime per una critica. Poi però ho sempre reagito trasformando la ferita in forza e determinazione così da dare il meglio di me nei miei nuovi lavori e fare in modo che quelle persona in futuro non possano più aver motivo di stroncarmi.»

Niji: «Questo corrisponde in maniera perfetta all'impressione che ho di te... una persona emotiva e fragile sul momento, ma testarda e forte nel lungo termine!!»

Sean: «Sicuramente ci resterei male. Così come resto male nel vedere spesso sparare senza pietà su molti autori e libri.
Addirittura mi è capitato di "scendere in campo" in difesa dell'autrice di Twilight, che pur mai ho letto e non ricordo neanche come si chiami, in contrasto a chi, in maniera anche molto violenta, le augurava addirittura di morire per aver scritto così male o per aver scritto di vampiri che "non sono vampiri". E per quanto, ripeto, non abbia letto nulla, anche nell'acquisire informazioni nel merito di simili storie proprio da tali critiche violente, ho voluto ugualmente difenderla dove, fino a prova contraria, i vampiri non esistono e quindi se anche un'autrice vuole offrire la propria idea di vampiro diversa da quella di Stoker, deve essere libera di farlo. In fondo, Stoker (copiando dal Polidori), non ha "inventato" il vampiro... ma gli ha dato uno stile aristocratico, elegante, dove prima era solo un mostro succhiasangue con il pelo persino sul palmo delle mani.
La libertà di pensiero e di opinione è legittima e sacrosanta. Ma un conto è criticare l'opera, un conto è lasciarsi andare a libero sfogo di frustrazioni personali.
Che sia Tolkien o che sia Moccia... almeno secondo me.»

Blackie: «... chissà perché questa critica non mi è nuova, ma era citata in un altra discussione sui manga e sulle autrici di manga....quanto è piccolo il mondo, eh?!»

Sean: «Piccolo e affollato di stolidi pregiudizi.»

Blackie: «Che cosa vi è mancato di più dopo la pubblicazione? Cioè...dopo che i vostri protagonisti non erano più solo vostri, come vi siete sentiti?»

Paola: «Terrorizzata. per me è come mettermi in gioco completamente ed essendo io una persona molto timida la cosa è davvero terrificante in un certo senso.»

Francesca: «Normali. Era passato tanto tempo tra la stesura e la pubblicazione… i personaggi avevano già preso la loro strada.
Per Werewolf è stato diverso, ancora adesso cerco di capire anche io esattamente dove sono andata a parare e in questo i lettori aiutano tanto. Più che altro a volte mi accorgo che non so cosa dire, perché quello che volevo comunicare l’ho scritto e i miei personaggi sono lì a testimoniarlo. Per parlare dei miei libri ho bisogno di distacco.»

Luca: «Bella domanda, davvero! E non lo dico perché mi minacci di morte, eh!
Io mi sono sentito strano, non so spiegare bene come ma ci provo. Sentir nominare Windaw (col nome spesso storpiato!), Lethae, Zoria, mi ha dato l'idea che niente è per sempre. Quello stare sempre a contatto con i personaggi non è eterno. Alla fine bisogna lasciarli andare, vedere se riescono a camminare con le loro gambe. E, se ci riescono, entrano nei cuori dei lettori. Bello e straziante al tempo stesso...»

Sean: «Pubblicando feuilleton, il mio concetto di "pubblicazione" è quotidiano. E ogni giorno, dopo aver pubblicato, mi sento estremamente felice di aver, ancora una volta, raggiunto un sì importante traguardo.
Quando poi riesco a dar vita ad un libro cartaceo, che in Lulu.com significa doversi interessare veramente di tutto, in un lavoro di revisione, impaginazione, etc che va avanti per mesi interi, il senso di soddisfazione è moltiplicato all'infinito.
Del resto non ho mai considerato Midda come "mia"... e, anzi, se mi sentisse proclamarla tale, probabilmente mi tirerebbe quattro sberle (con la mano destra in nero metallo, ovviamente).»

Gio: «Dicono che in Italia ci sono più scrittori che lettori... Secondo voi c'è ancora spazio? Per tutti i neoscrittori fantasy esordienti ed emergenti e già noti?»

Blackie: «Secondo me ogni lettore alla fine legge un po’ di ognuno e quindi è possibilissimo che ci sia ancora spazio per tutti i tipi di scrittori.»


Francesca: «No, secondo me il mercato è saturo e la bolla esploderà. Specie se si continua a importare così tanto. Il problema non è quanti lettori o quanti autori, il problema è economico… gli editori hanno budget limitati e le librerie non possono tenere tutto. Se parte di quello che oggi è occupato dagli stranieri fosse destinato ai nostri esordienti ci sarebbe più respiro, più opportunità e più serietà da parte di tutti. Purtroppo invece la corda è tesa.»

Paola: «Beh non stiamo mica parlando di una torta da spartire tra pochi. Lo spazio c'è sia nel mercato editoriale che nel cuore dei lettori solo che a volte purtroppo manca la volontà di investire (so che è brutto il termine, ma è così) in autori esordienti o emergenti sebbene siano validissimi e meriterebbero di avere la giusta visibilità cosa che porta a vedere l'editoria di un certo livello (quella che porta l'autore arrivare a un maggior numero di lettori per intenderci) come una sorta di cerchia ristretta per i pochi già noti»

Sean: «Questo è un altro argomento che, solitamente, mi fa prendere a testate con la "massa".
A mio umile avviso, scrivere non dovrebbe essere considerata quale un'attività elitaria, riservata a pochi eletti. Chiunque veda in questo modo la scrittura, secondo me, non ha mai compreso le parole pronunciate dal professor Keating ne "L'attimo fuggente":
Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.
Una volta ho letto, mi pare sempre su Anobii, un utente che si lamentava denunciando quanto fosse sbagliato, per lui, lasciar pubblicare libri a ragazzi adolescenti, che, in tal modo, possono illudere altri loro coetanei a sentirsi in grado di scrivere.
Ma, dannazione, sarebbe veramente bello se tutti avessero veramente desiderio di scrivere, si impegnassero veramente nello scrivere. Sarebbe veramente bello se a tutti fosse offerta tale possibilità, tale incentivo. E, in questo, sicuramente internet merita un elogio, essendosi proposto quale il primo e principale media globale utile a tale scopo.
Io ho un sogno. E il mio sogno è che non vi siano più scrittori che lettori, ma che tutti i lettori possano anche essere scrittori... o musicisti... o poeti... o disegnatori... perché le arti non vengano considerate quale una sfera riservata a pochi, ma siano un traguardo di ascensione personale per chiunque.
In questo sostengo fermamente fenomeni come internet, le blog-novel, gli e-Book, il self-publishing e tutto ciò che possa permettere veramente a chiunque di scrivere, pubblicare e essere letto. Perché la diffusione della scrittura non può e non deve essere vista, a mio umile avviso, come un danno per l'umanità... non diversamente da come potrebbe esserlo la diffusione delle medicine.
Ma... ops... le medicine in effetti non sono liberamente diffuse... e, quindi, forse per le stesse ragioni per cui è comodo che vi sia qualcuno che decida chi si può curare o meno, è altrettanto comodo che vi sia qualcuno che decida chi può scrivere o meno...
Chiedo venia per i toni forse non gradevoli.»

Gio: «Non so devo rifletterci. Diciamo che hai ribaltato i termini della questione...»

Ayram: «Concordo solo in parte: dovrebbe essere un traguardo personale per tutti... ma questi "tutti" dovrebbero essere quelli che ci credono davvero e lo fanno per rispondere a un impulso che sentono nel profondo. l'arte non è per tutti, ma per chi sente di aver qualcosa da trasmettere e fa di tutto per crescere e maturare in modo da poter creare qualcosa di bello ( e non intendo bello esteticamente, ma che contenga dei valori)»


Sean: «Non so.
Cioè... a livello pratico non posso che darti ragione. L'arte non è per tutti.
A livello ideologico, però, trovo estremamente triste che questa sia la realtà.
In un mondo perfetto (e ridaje... cfr. mio ultimo intervento), l'arte dovrebbe essere per tutti.
Dovrebbe essere un'attività comune. Un mezzo di ascensione personale.»

Ayram: «In questo caso, non posso che darti ragione!!»

Niji: «L'unica cosa che mi stupisce un po' è che ci sia gente che non legge e invece scrive...
limite mio, ma mi sembra un po' un voler imporre se stessi più che una passione per la letteratura...»


Sean: «Beh... in questo caso, secondo me, chi scrive senza leggere pecca non poco di arroganza.
Ma, spero bene, siano casi isolati... e non i più.»

Niji: «Sicuramente sono casi isolati... ma mi lasciano sempre un po' stupita. C'è sempre chi crede che un'arte, siccome sicuramente ci sono di mezzo anche i gusti personali, non sia qualcosa che si deve anche studiare...»

Mario: «Scrivere senza leggere? E' come voler guidare senza sapere nemmeno come far partire la macchina! Non si può scrivere senza leggere. Nemmeno un genio della grammatica può farlo.
Per imparare a scrivere, a mio parere, è indispensabile leggere. E più si legge, meglio è.
I corsi di scrittura creativa, giusto per introdurre un'altra questione, possono "rafforzare" una padronanza, ma non "insegnano" a scrivere. E se non si ha la suddetta padronanza... che cavolo rafforzi?
La scrittura deriva direttamente dalla lettura. Inutile girarci intorno.»

Yui: «Mega quotone.»

Paola: «Guarda io ho frequentato un corso di scrittura e devo dire che la cosa più bella che vi ho trovato è stato non la pretesa (come fanno molti corsi) di insegnarci a scrivere, ma il desiderio di indirizzarci verso il genere più adatto al nostro tipo di scrittura attraverso esercitazioni e confronti (spiegandoci poi alcuni elementi strutturali del testo di base -es. l'incipit) nonché l'averci spiegato come funziona l'ambiente editoriale attraverso incontri con autori ed editori.
Credo che leggere insegni anche a trasmettere emozioni attraverso la scrittura proprio perché ce ne fa provare attraverso la lettura stessa.»

Luca: «Molti dei miei "colleghi" di università hanno scelto lettere pur odiando la lettura. Ogni esame per loro è un parto. Si lamentano di dover leggere romanzi e di dover proporre elaborati scritti. Assurdo, strano, inquietante! Io ho scelto lettere perché adoro leggere e vedere come la scrittura si è evoluta nel corso dei secoli; non perché qualcuno mi obbliga. Per questo non mi stupisce che ci sia gente che scrive senza leggere!»

Gio: «Per Sean una domanda ostica, ma in questo quadro di 'libera scrittura' come forma di espressione, arte, e soprattutto gioia personale, come collochi il proliferare di piccole case editrici a pagamento e non, che pubblicano senza alcun criterio selettivo?»

Sean: «Un distinguo credo sia obbligatorio.
Nel merito delle case editrici a pagamento, provo tutto il male possibile, così come lo provo nei riguardi di qualsiasi approfittatore.
In un discorso più generale, e di libera diffusione della scrittura, personalmente non trovo l'assenza di un criterio selettivo come un male. Anche perché, la domanda sorge spontanea, a parte il denaro che possiede, chi offre il diritto a un editore di decidere cosa sia meritevole di essere pubblicato e cosa no? Ricordo, per esempio, che molti grandi autori del passato, all'epoca, non sono assolutamente stati apprezzati e la maggior parte delle loro opere sono state recuperate solo dopo la loro morte (primo fra tutto Robert E. Howard).
Forse sarò un po' anarchico, ma l'idea di dover affidare a qualcun altro la responsabilità di decidere nel merito delle mie letture la trovo sbagliata alla radice...
In un mondo perfetto, secondo me, i libri non si dovrebbero pagare, dovrebbero essere liberamente a disposizione di chiunque in qualsiasi momento e sarebbe solo responsabilità del lettore scegliere cosa leggere e cosa non leggere.
In questo, per esempio, ho molta fiducia negli e-Book e nella loro diffusione, nella speranza che davvero prendano il posto della carta non per un rifiuto verso la carta (che pur amo), ma nell'idea che i libri, un domani, diventino tanto facilmente reperibili e diffusi quanto gli MP3 oggi.»

Sean: «Vorrei porre una domanda io, ora, al "pubblico".
Prima qualcuno ha domandato se avessimo mai avuto dei feedback nel merito delle ragioni che potessero aver spinto un lettore ad acquistare un nostro libro.
Mi piacerebbe rigirare la questione: a voi, sicuramente, sarà capitato di acquistare, o di programmare l'acquisto, di un autore emergente poco noto, di piccole case editrici non troppo pubblicizzate. Cosa, in questo, vi ha incentivato? Vi ha attratto?»

Gio: «Autori poco noti li ho acquistati e letti per... amicizia.... simpatia.
Perché li ho 'conosciuti' seppur virtualmente e quindi ho provato il desiderio di leggere le loro storie.
Stiamo parlando di quelli proprio poco noti che magari non arrivano in libreria, giusto?»

Ayram: «Concordo con Gio.
Per quanto riguarda la scelta del libro, mi attrae inevitabilmente il connubio tra titolo e copertina. Se la copertina mi piace allora decido di aprire il libro... e se anche la trama mi incuriosisce finisce subito in camera mia.»

Koukla: «Io personalmente, fino all'anno scorso compravo seguendo l'istinto...a parte quei due tre autori famosi ai quali sono affezionata e dei quali ho cercato di leggere tutto. Per il resto mi affidavo alla copertina ed all'abbozzo di trama, senza nemmeno guardare né chiedermi chi fosse l'autore. Da quando giro su Anobii leggo molto le recensioni degli altri su un determinato libro o autore e le catene di lettura di "Due chiacchiere con gli autori" aiutano molto nella scelta!»

Blackie: «La copertina del libro!!!!
Io quando entro nelle librerie, vado per copertina, poi leggo la trama e se la trama mi piace ed è abbinata bene alla copertina allora lo compro...e alla cassa mi ricordo di guardare chi è l'autore.
Praticamente per me l'autore mi è del tutto indifferente perché tanto compro per copertina e trama... o non dovrei ridere visto e considerato che l'ho scritto al tavolo degli scrittori?»

Niji: «Le recensioni fanno tanto... o magari semplicemente mi ispira la trama. Devo confessare che all'inizio ho fatto fatica, i testi pubblicati dalle grandi case editrici sono solitamente più lisci, scorrono più facilmente... dopo un po' il fatto che un testo sia in qualche modo "grezzo" diventa quasi un pregio. Però la mancanza di editing, quando parliamo di case che fanno poco editing o non lo fanno - che dicano di farlo o meno -, rovina spesso l'astrazione durante la lettura... questo non posso negarlo. L'altro lato della medaglia è che si trovano delle cose davvero originali... come dice Sean, perché non mi dovrebbe essere permesso di leggere un libro solo perché un editore non condivide i miei gusti?? è un po' come andare a cercare libri in inglese... si ha improvvisamente più scelta!»


Sean: «BRAVISSIMA!!!
Esempio perfetto!!!! <non c'è una faccina che applaude, ma fai conto che ci sia!!>
Io ho scoperto per puro caso Melanie Rawn... autrice che ha uno stile che trovo francamente delizioso, nello scrivere fantasy che sono fantasy e pur si offrono con un realismo appassionante e incredibile.
Bene... Melanie Rawn, in Italia, è stata pubblicata solo negli anni '90 in pochissime copie dalla Fanucci.
Praticamente introvabile e sconosciuta. Mentre nel mercato anglosassone esistono due trilogie complete... più numerose altre opere.
Stando alle opinioni degli editori italiani... Melanie Rawn non dovrebbe essere letta. Non potrebbe avere pubblico.
Stando alla mia personale opinione... grazie al cielo che esiste internet e l'e-Commerce, che mi permette di comprare i libri in originale e buonanotte al secchio!
Ora prendiamo questo fenomeno che riguarda, fra l'altro, un'autrice affermata all'estero e non in Italia. E moltiplichiamolo per n, allo scopo di avere una minima idea su quanto potenzialmente ci perdiamo in quanto "vittime" di un sistema che ci ha abituati a decidere per noi.
Ovviamente non tutto ciò che potrebbe mai essere scritto da chiunque andrà sicuramente a soddisfare le nostre personali esigenze, i nostri personali gusti... ma questo non può e non deve essere ragione di "censura".
Tantomeno, a mio avviso, è giusto che lo sia nella figura di un editore.»
Ayram: «Sante parole! Nessuno può decidere che cosa è meglio a priori per qualcun altro!»

Niji: «Guarda, è proprio quello che intendevo... anch'io ho scoperto autori fantastici in inglese, ho letto libri che qua non vengono più stampati... (il primo di Deverry!!! mapperchééééé!!!!)
All'inizio ti senti sperduto, ma poi capisci che è solo maggiore possibilità di scelta... certo, anche maggiore possibilità di prendere cantonate! Bisogna diventare lettori più attenti, bisogna essere meno pigri... ma credo ne valga la pena.»


Sean: «Beh... non è un po' come la propria prima volta in biblioteca?
Non so che rapporto possiate avere avuto voi con le biblioteche, ma io, a 7-8 anni sono stato portato, per la prima volta, da mia madre nella biblioteca comunale di zona, dove mi sono ritrovato davanti all'infinito. Fino a quel giorno i soli libri che avevo letto erano stati quelli "ereditati", ma venendo portato in biblioteca, ho scoperto una vastità inesplorata che, all'inizio, sicuramente mi ha schiacciato, ma poi mi ha emozionato fino a farmi perderci dentro.
Ovviamente non tutti i libri della biblioteca possono interessarmi e, in fondo, è anche giusto così. Però è bello avere possibilità di scegliere... e più vasta è la scelta, maggiore è la possibilità di trovare qualcosa di sempre nuovo e sempre più entusiasmante.
Il rischio delle cantonate, come dici tu, c'è... ma è un po' come in amore, no? Non sempre quando ci si ritrova "attratti" da qualcuno si sa di star andando sul sicuro. Anzi... in genere sono maggiori le cantonate e una sola è l'occasione perfetta!»

Gio: «Ma sai che mi avete dato di che riflettere... sul serio...
A proposito della mancanza di editing nei testi a me dà fastidio. Sarò rompigliona ma lo noto e, come dice Niji, non aiutano l'astrazione... Mi si interrompe il volo se manca un apostrofo. I libri li vorrei sì di autori noti, poco noti, sconosciutissimi, però le case editrici - di qualunque dimensione siano - dovrebbero fare editing! Sarebbe un importante servizio per gli scrittori e un dovere nei riguardi del lettore che, tra l'altro, ha pagato per l'acquisto e ha diritto a qualcosa di ben rifinito (che poi l'editing non è che sia rifinitura, insomma...)»


Sean: «In questo ti do assoluta ragione e ammetto anche il grande limite della "scrittura libera", come potrebbe esserlo l'autoproduzione di volumi cartacei o e-Book in qualsiasi modo.
L'editing è importante e faticoso, molto faticoso. Io stesso, per i volumi cartacei, cerco di impegnarmi al massimo nella revisione, nella cura di moltissimi "piccoli" particolari che altri potrebbero considerare superflui e so che, per quanto mi possa impegnare, qualcosa mi sfuggirà sempre, anche perché, in fondo, non sono un professionista in questo campo. E di questo, sinceramente, mi dispiace.»

Gio: «Ecco questo dovrebbe proprio essere un impegno per tutti gli scrittori!»

(Fonte: http://www.terradialtrove.it/public/forum/viewtopic.php?f=91&t=791)
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