La butto lì...
Piccolo aneddoto:Ormai dieci anni fa, ho giocato a pallanuoto per cinque anni.
Ero bravino, e soprattutto non puntavo a giocare in attacco, preferendo la difesa. Marcatore a uomo per la precisione. Un gorilla che ammazzava le punte avversarie: il mio massimo trionfo è stato raggiunto in una partita in cui ho fatto uscire dal gioco, per resa, ben tre punte avversarie in dieci minuti. Non male!
Un giorno mi era stato proposto il passaggio all'agonismo. Avrei dovuto allenarmi per un minimo di quattro ore per tre volte alla settimana. Rinunciai per mancanza di tempo, preferendo mantenermi a livello amatoriale piuttosto che tentare di compiere il salto verso il gioco da professionista.
Fine piccolo aneddotoVolendo prestar fede al corretto uso della lingua, così come suggerito da Claudia, senza in questo andar in contrasto con quanto sottolineato da Niji, probabilmente si potrebbe introdurre un distinguo fondamentale nel merito del come l'attività viene condotta, dividendo fra "professionista" e "amatoriale".
In fondo, nello sport (a esclusione del calcio), un giocatore professionista, non viene pagato chissà che cifre, ammesso che venga pagato e che non sia ancora lui comunque a pagare (e i nostri campioni olimpici sono quasi sempre esempi perfetti in tal senso). Quindi non rischia neppure di essere un discorso di guadagno o di attività primaria (la maggior parte dei nostri campioni olimpici sono poliziotti, carabinieri, finanzieri, altro...), quanto, piuttosto, di stile di vita.
Quindi, in un paragone con lo sport, si potrebbe dividere fra gli "artisti professionisti" e gli "artisti amatoriali" (scrittori professionisti e scrittori amatoriali, pittori professionisti e pittori amatoriali, musicisti professionisti e musicisti amatoriali), non per voler discriminare gli uni rispetto agli altri, ma per evidenziare un concreto stile di vita che distingue gli uni dagli altri.
Che ne pensate?