Giunta fino alle scale, poco separava ancora la mercenaria dalla cura per ogni male quando una voce la bloccò, ritrovandola non diversamente da una bambina colta in flagranza di capriccio o dispetto: « Non so perché, ma credo che tu questa sera mi offrirai rogne… »
« Chi… io?! » domandò Midda, voltandosi verso l’amico, nel riconoscerne il tono di rimprovero preventivo, laddove evidentemente egli aveva già compreso i di lei intenti « Mi consideri così male? »
« No, il punto è che ti conosco così bene. » sorrise Be’Sihl, scuotendo il capo « Possibile che non riesci a restare un po’ tranquilla? »
« Giuro che io non desideravo altro! » rispose lei, sincera, sollevando le mani in propria difesa da quelle accuse « Fosse stato per me sarei rimasta volentieri a letto, a dormire… ma purtroppo qualcuno deve avere progetti ben diversi, dato che non mi è stata concessa possibilità di chiudere occhio serenamente. »
« Se non riesci a prendere sonno posso sempre prepararti una tisana… » le propose egli, accostandosi a lei e prendendola a braccetto con la propria mano destra, reggendo invece nella sinistra una bottiglia per recuperare la quale si era dovuto allontanare dalla propria solita zona di lavoro « C’è una vecchia ricetta di famiglia che farebbe proprio al caso tuo. »
« Beh… ma anche il mio è un rimedio “tradizionale”, per certi versi. » sorrise ella, sorniona, nell’appoggiare la testa contro la di lui spalla « Non sai che un po’ di movimento fisico favorisce sempre il buon riposo?! »
« E non riesci proprio ad immaginare alcun genere di attività diversa da quella che comporti uno spargimento di sangue nel mio locale? » replicò l’uomo, giungendo insieme ad ella alla sala principale, dove immancabilmente verso di loro venne attratto ogni sguardo nella presenza della donna.
« Ricominci con le proposte indecenti, Be’Sihl? » gli rispose Midda, sussurrando giocosamente « Sei proprio incorreggibile… »
Il locandiere scosse il capo a quelle parole e si mantenne passivo di fronte ai tentativi di giocosa seduzione che la compagna iniziò a proporre verso di lui, prima offrendogli piccoli baci sul collo, sotto all’orecchio, e poi guidando le proprie curve a strofinarsi lascivamente contro di lui. Egli, al di là degli umani sentimenti che poteva provare in quel momento, era invero conscio di come non fosse lui il vero destinatario di simili attenzioni: al contrario esse si concedevano quale esclusivo spettacolo per tutti i presenti nel locale, allo scopo di poter individuare fra essi quali sarebbero potuti essere i più indicati a sopperire ai di lei desideri di scontro, alla di lei volontà di rissa. Immediatamente molti si concessero gli sguardi curiosi e divertiti rivolti nella loro direzione e numerosi furono in tale frangente i gesti più o meno discreti di acclamazione nei di lui riguardi da parte di altri uomini, a complimentarsi con spirito cameratesco per la sua conquista, per quel risultato di indubbio valore: non tutti gli spettatori dimostrarono, però, la stessa correttezza nei suoi riguardi. Fra i presenti, in effetti, si dimostrarono anche espressioni di cocente invidia da parte di coloro che, altresì, non riuscivano ad accettare come lui, semplice albergatore, potesse godere della presenza di una donna del livello di Midda Bontor al proprio fianco, una donna che, dal loro fazioso punto di vista, avrebbe meritato sicuramente di meglio, e proprio in onore di questi ultimi esemplari di umana meschinità era in realtà rivolto l’interesse della stessa mercenaria, sebbene non nei termini da essi sperati.
« Sei tu incorreggibile… » le sussurrò egli quale replica, scuotendo il capo per quel di lei desiderio di combattimento, di sfida, di confronto assolutamente gratuito.
« Ma… come?! » esclamò ad alta voce la donna, in una scena tanto plateale da apparir grottesca « Vuoi dire che io non sono abbastanza per te, amor mio? »
Con quelle parole, con quei termini teatralmente offerti all’intero pubblico, la lunga lenza da lei gettata in quel tranquillo e pescoso mare si vide mossa sapientemente allo scopo di attirare i candidati più ideali ed essi, senza prendere in ipotesi la possibile esistenza di un amo celato dietro all’esca, abboccarono con entusiasmo, levandosi dal tavolo attorno al quale erano riuniti a bere copiosamente in allegra compagnia di una coppia di prostitute.
« Eccoli… » suggerì sottovoce Be’Sihl, levando appena gli occhi al cielo dopo aver individuato senza fatica gli agnelli sacrificali di quella sera « Cerca di non rompere troppi tavoli, questa volta… per favore… »
« Puoi scordartelo! » rispose ella, continuando la sceneggiata e spintonandolo lontano da sé, nell’esprimersi sempre con toni concitati per essere certa che alle proprie prede non sfuggisse nulla del di lei impegno nei loro riguardi « Se questo è quello che pensi, puoi scordarti anche il mio nome, per quanto mi riguarda! Considerami pure morta, razza di stupido… » lo rimproverò, in replica a chissà quale ipotetico insulto da lui rivoltole.
A stento il locandiere riuscì a mantenersi serio di fronte ad ella, scuotendo il capo con rammarico non tanto per quella falsa perentoria richiesta, quanto per il fatto che l’amica fosse ancora una volta riuscita ad ottenere quanto desiderato in maniera troppo semplice: « Il mondo è pieno di stolidi… » commentò fra sé e sé, allontanandosi da ella « Ma in Kriarya essi sembrano offrire particolare insistenza per entrare. »
« Tu sei Midda Bontor… » commentò uno degli stolidi in questione, al contrario avvicinatosi ad ella, caduto nella di lei trappola « Non è vero? »
« Cambia aria, bello. » gli suggerì lei, apparentemente non desiderando degnarlo di uno sguardo.
« Una come te merita di trovare compagnie migliori di quella specie di sguattero… » intervenne un altro del gruppo, sorridendo sornione « Dai, vieni a bere qualcosa con noi e vedrai che sapremo come farti sentire veramente apprezzata… »
« Se sapete come mi chiamo, saprete anche i guai in cui state rischiando di cacciarvi… » li avvertì, ora osservandoli ed aggrottando la fronte con evidente perplessità di fronte alla loro proposta « Quindi accettate il mio consiglio e tornate al vostro tavolo prima che qualcuno si possa fare del male: mi spiace dirvelo ma per quanto vi possiate illudere, voi non varrete mai neppure un fugace istante della mia attenzione… »
E di fronte a tale risposta, scontata fu la reazione di essi, dettata dall’orgoglio ferito e dal troppo alcool in corpo: « Lurida cagna… »
Così immancabile fu la rissa tanto desiderata da parte della mercenaria ed assolutamente prevedibile fu il risultato della medesima, laddove per ella simile attività non si sarebbe mai proposta diversamente da un altro qualsiasi esercizio fisico, una ginnastica non più impegnativa rispetto a quella in cui poneva il proprio interesse e le proprie energie in ogni occasione disponibile al fine di mantenere in forma il proprio corpo. Solo dopo aver avuto soddisfazione nell’aver ottenuto quanto richiesto, lasciando privi di sensi e di bramosie lussuriose gli otto balordi a lei avvicinatisi, ella decise di accomodarsi al bancone della locanda, nella nuova volontà di impegnarsi a distrarre ora dispettosamente Be’Sihl dal compimento del proprio lavoro, in attesa del momento giusto per risalire in camera e finalmente trovare il sonno desiderato.
Il locandiere, con tanta pazienza ed una nota di biasimo, aveva assistito silenziosamente allo quello spettacolo, che forse avrebbe anche potuto considerare in proprio onore, allestito con la collaborazione inconsapevole di quegli avventori, facendosi aiutare dai propri garzoni per liberare al termine del medesimo la sala dagli otto corpi e permettere, pertanto, alla serata di riprendere il proprio corso con non meno allegria di quanto non fosse stato in precedenza: quella in fondo era la città del peccato ed ipotizzare l’assenza di almeno una rissa all’interno di un locale pubblico, se non di un omicidio colposo o volontario, sarebbe stato assolutamente assurdo. Midda, con il proprio gesto, aveva per certi versi reso tributo alla richiesta di violenza all’interno di quella città, utile a mantenere in tal modo a bada gli animi più caldi e pericolosi: ciò nonostante, esattamente come ella non avrebbe mai rinunciato al proprio diritto di giocare con lui al contempo in maniera tanto maliziosa e tanto innocente, allo stesso modo egli non avrebbe mai rinunciato al proprio diritto di rimproverarla, inscenando la parte dell’irritato quasi tale fosse il suo ruolo in un infantile gioco di parti.
Da Midda's Chronicles - La corona perduta, episodi 295 e 296
Questo racconto (in edizione riveduta e corretta) è presente nel libro: Midda's Chronicles - Condannata (e altre storie)