Le rose del ricordo

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Le rose del ricordo

Messaggiodi demon black » 26/08/2010, 18:24

FIABA

C’era una volta una regina che aveva tutto perduto. Il suo sogno era stato distrutto dai nemici e il re suo marito ucciso in battaglia. Ella si era rifugiata con un suo figlioletto su una alta e ripida montagna, dalle vette dentate; e poiché nessuno conosceva il suo riparo, vi era rimasta indisturbata.
Soltanto uno scudiero, che l’aveva vista fuggire, riuscì a rintracciarla, e volle restare presso di lei, per servirla. La regina gli chiese allora di portarle un fiore dal campo di battaglia ov’era caduto il re, per avere almeno una cosa da conservare in memoria di lui.
Lo scudiero si mise subito in cammino; e quando tornò, tre giorni dopo, consegnò alla regina non un fiore, ma la spada del re.
Poco tempo dopo la regina fu costretta a congedarlo, perché era tanto povera che non poteva tenere al suo servizio neppure un solo scudiero. E rimase sola col figlio sulla montagna deserta. Gli anni passarono, e il piccolo bimbo della regina divenne un robusto giovane. Un giorno, egli trasse dal fodero la spada di suo padre, e dichiarò che voleva andarsene pel mondo in cerca di avventure.
La madre cercò di trattenerlo; ma quando ebbe compreso che non vi sarebbe riuscita, gli consigliò di andare a cercare una sposa: avrebbe però dovuto sceglierne una che possedesse un grande tesoro. Quando il giovane prese congedo da lei, la regina gli diede ancora un ammonimento: non sguainare mai la spada se non fosse assalito.
Il principe percorse in lungo e in largo tutto il paese, senza trovare né la sposa che cercava, né un luogo che lo invogliasse a trattenervisi. Un giorno, udì parlare delle montagne bianche e nere, fra le quali, nel mezzo di un roseto, sorgeva una torre, che veniva chiamata La Torre del Ricordo, senza che nessuno sapesse spiegare l’origine di questo nome.
Libero com’era di sé, e senza meta del suo vagabondaggio, decise di andar alla ricerca di quella torre. Non fu facile impresa.
Egli dov’è molto camminare e molto domandare prima di scoprire dove fosse il paese dei monti bianchi e neri: e quando, finalmente, vi fu arrivato, cominciò una lunga ricerca della misteriosa torre, che pareva introvabile.
Una sera, nell’ora che il sole si avvicina alle cime dei monti, il principe passò accanto ad un casolare chiamato Vidòr ; proseguendo oltre, poco dopo si trovò in una valle coperta di boschi. Vi camminava da poco, quando vide a terra, avanti a sé, un verme nero e fece un movimento per schiacciarlo: ma il verme aveva un aspetto così ripugnante che ebbe schifo di toccarlo col piede; e trasse la spada per tagliarlo a pezzi. Però, nel sentirsi in pugno la spada sguainata, gli tornò alla mente l’ammonimento di sua madre, e si disse “In verità, questo povero verme non fa male a nessuno. Lasciamolo vivere”.
Continuando la sua strada, arrivò a un dirupo coperto di cespugli, fra i quali, poco discosto dal sentiero, stava una fanciulla che pareva coglier fiori.
Il principe, nel passare, la salutò. La fanciulla rispose al saluto, ma volgendosi dall’altra parte, così che egli non potè vederla in viso. Il principe si fermò e le chiese se sapesse la strada per andare alla Torre del Ricordo. Senza voltarsi, ella gli domandò a sua volta se avesse visto il verme nero; e, alla risposta affermativa del principe, volle sapere se il verme fosse ancora vivo.
-L’ho lasciato vivere, perché mi pareva innocuo- rispose il principe.
-Allora andiamo- disse la fanciulla, - ti mostrerò la via della torre-.
Si tirò il velo sul viso, e s’incamminò per il sentiero; il principe la seguì.
Giunsero a una gola, nella quale il sentiero passava fra rocce verdi di muschio; ed ecco davanti a loro un serpente rizzar la testa minacciosa.
-Guardati!- disse la fanciulla.
Il principe si fermò a osservare il serpente; e poiché non ne aveva mai visto uno simile, chiese alla sua compagna se fosse pericoloso.
-Secondo i casi- rispose la ragazza, - per me non è pericoloso, ma a te potrebbe far male.-
-Se non può far male a te, lasciamolo stare.-
-Questo è bello da parte tua- disse la fanciulla.
Fecero un giro per evitare il serpente: ma il principe fu molto sorpreso di vedere tutt’a un tratto sulla testa del rettile una minuscola corona d’oro.
-Guarda!- esclamò. – Ma che razza di serpente è questo?-
Vide che la fanciulla rideva e, sorpreso, domandò :
-La conosci forse?-
-Certamente- rispose la ragazza. – E’ mia sorella. Non vuole permettere che si vada alla Torre del Ricordo, e cerca di attraversare la via a chiunque si avvicini. –
Il principe era rimasto senza parola per lo stupore; continuava a guardare il serpente, e non si decideva a rimettersi in cammino. Ma la ragazza gli fece:
-Vieni, la torre è vicina. –
E corse avanti. Seguendola, il principe osservò che s’era tolta il velo dal viso e che era bellissima.
Intento a guardarla, non s’accorse che poco distante da loro, ad oriente, appariva qualche cosa di insolito. Ma la fanciulla si fermò, e indicò con la mano tesa l’alta Torre del Ricordo: era là, davanti a loro, sopra una collina, nella luce del sole morente.
Non si capiva bene come e con che materia fosse stata costruita: ora pareva trasparente e irreale, ora sembrava fatta di un lieve intreccio di rami, ora di pietre lucenti. Le fioriva intorno un meraviglioso roseto, e le rose s’arrampicavano sulla torre, su, fino alla cima. Avvicinandosi, si scopriva che tutta la torre era formata da tralci di rose, intrecciati fra loro a migliaia. Il principe, entrandovi con la sua guida, vide che vi sgorgava dal suolo una fonte, la quale si riversava in vaso prezioso. Il vaso conteneva una sola rosa: la più bella di tutte.
La fanciulla si fermò presso la fonte, e cominciò a raccontare la storia della Torre del Ricordo.
-Vi fu un tempo, nel quale gli uomini vivevano in semplicità d’animo e di costumi, e non conoscevano né invidia né discordie. Non v’erano delitti né guerre. Ma in queste fortunate condizioni di benessere, gli uomini a poco a poco diventavano ricchi, e allora cominciarono le contese. Scoppiò una guerra e poi un’altra, poi molte altre, finché quasi tutti gli uomini furono uccisi. Vi fu allora una regina che riunì le donne e i bambini sopravvissuti, e li condusse al sicuro sulle montagne, stabilendo la sua dimora sul monte che ancora oggi ha nome Sass de Dama. Lassù regnò a lungo la pace, e vi fiorirono da per tutto le rose. Ma quando la regina fu morta, ricominciarono le discordie e le guerre. Alla fine le madri riuscirono a far concludere una durevole pace; e decisero di consolidarla mediante una promessa solenne di tutte le donne. Convenute tutte su questa collina, esse giurarono di far sempre quanto fosse in loro potere per il mantenimento della pace. Ognuna aveva portato con sé un tralcio di rose: intrecciandolo insieme fecero sorgere questa torre, che fu detta del “ricordo” perché doveva essere un perpetuo monito di pace. La collina si chiama, da allora, Roseàl.
-Fortunata gente- disse il principe. – Dunque fra voi regna un’eterna pace.-
-Ahimè, quel bel tempo è passato- rispose la fanciulla. – La pace non fu mantenuta. Si è tornati alle guerre, e ormai anche le donne vi prendono parte. Mia sorella è una delle più accanite; avrebbe voluto trascinare anche te nel conflitto, ma non le è riuscito, perché tu non hai sguainato la spada.-
-Questa torre meravigliosa, dunque, non serve più a nulla?-
-La torre non esiste più, già da lungo tempo- rispose la fanciulla.
E poiché il principe la guardava senza comprendere, riprese:
- Ho detto che la torre non esiste, e purtroppo è proprio così: non è più che un ricordo, una parvenza. La si vede soltanto quando il giorno sta per finire; e di tutte le sue rose una sola, quella di questo vaso, è ancora viva. Essa appartiene a me; perché sono la sola che abbia sempre voluto e consigliato la pace. Per questo a me rimane il ricordo, che mi rimarrà anche quando la torre sarà per sempre sparita: il ricordo del tempo nel quale non v’era odio, non v’erano delitti. E’ l’unica cosa che mi resti: è il mio tesoro.- così dicendo, prese la rosa dal vaso e se l’appuntò al petto. Poi disse – Ora me ne vado, perché il sole tramonta, e la torre svanisce.-
La fanciulla era tanto bella che il principe non poteva staccar gli occhi da lei: così non s’accorse che la torre era sparita. La sera era incantevole. Ad oriente, le vette maestose dei monti, toccate dagli ultimi raggi del sole, splendevano in modo meraviglioso. La fanciulla si mosse per andare, ma il principe la trattenne, e le chiese di voler esser la sua sposa. Così il principe si fidanzò con l’ignota fanciulla, e si mise in cammino con lei per condurla da sua madre, la regina, che viveva solitaria sull’ardua montagna.
Cammin facendo parlarono di quel che possedevano. Egli aveva, per tutta proprietà, la spada di suo padre; ella una cintura d’oro e la rosa del ricordo. Eran dunque poveri in canna: ma questa constatazione non turbava per nulla la loro felicità.
Giunti ai piedi del monte della regina, incontrarono due nani, i quali felicitarono gli sposi, e chiesero loro un piccolo dono. La fanciulla allora si tolse la splendida cintura d’oro e la donò ai nani. Essi la disfecero e ne ricavarono un lungo filo d’oro col quale circondarono la montagna. Cominciata la salita del monte, gli sposi incontrarono un terzo nano. Era un giardiniere, il quale, salutandoli, disse melanconicamente che avrebbe voluto preparare un mazzo di fiori per la sposa, ma su quelle rocce nessuna pianta attecchiva; anzi la montagna diventava sempre più squallida e nuda. La fanciulla si tolse la rosa dal seno e la diede al nano, e gli consigliò di piantarla sulla vetta più alta, dove avrebbe certamente messo radici e ne sarebbe germogliato un rosaio. Nel vedere la rosa magnifica, al piccolo giardiniere s’illuminò il viso per la gioia.
-Se posso piantar questa, tutto il monte, fra qualche anno, sarà coperto di rose- esclamò.
I fidanzati ripresero la via e, poco sotto la vetta, s’incontrarono con la regina. Il principe le presentò la sposa, dicendole che aveva posseduto una cintura d’oro e una rosa d’impareggiabile bellezza, ma aveva donato l’una e l’altra.
- E che cosa possiedi adesso?- domandò la regina.
La domanda imbarazzò il principe, ma non la sposa, che rispose serenamente:
-Ora possiedo il ricordo.-
-Il ricordo di che cosa?- chiese la regina
-Il ricordo del tempo lontano nel quale non v’era odio, non v’erano delitti, e tutte le rose erano più belle e più buone.-
-Tu sei quella che io volevo- disse la regina. E l’abbracciò.
La montagna delle rose rimase per molto tempo un paese felice, regno della pace. Poi vi si scoprirono miniere d’oro, e i suoi abitanti accumularono immense ricchezze. I vicini ne furono invidiosi: e nel regno della pace ricominciò la pace.




Carlo Felice Wolff
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Re: Le rose del ricordo

Messaggiodi demon black » 01/11/2010, 16:55

Questa è la mia fiaba preferita anche se molto triste.
...purtroppo la sotria dell'umanità si ripete all'infinito...pace, guerra, pace, guerra...e tutto per l'avarizia dell'uomo, essere che non conosce pace!

Scusate se ci ho messo tanto per riportarla ma l'ho dovuta ritrascriverla a mano nei ritagli di tempo e poi fare copia incolla.
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Re: Le rose del ricordo

Messaggiodi gio » 01/11/2010, 20:02

Non la conoscevo, è molto bella.
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Re: Le rose del ricordo

Messaggiodi Elli » 01/11/2010, 20:17

Bella davvero...
Si trova in qualche raccolta?
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Re: Le rose del ricordo

Messaggiodi demon black » 01/11/2010, 21:28

Elli ha scritto:Bella davvero...
Si trova in qualche raccolta?


LA raccolta con cui sono cresciuta....il mitico volume 2 de I Quindici! :ugeek:
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