FIABA
Tanto, tanto tempo fa, nel paese di Roccaraso, viveva una povera filatrice con le sue figlie che erano belle e gentili, la maggiore si chiamava Gina e la più piccola Gemma.
Un brutto giorno la filatrice sentì che era giunta la sua ora, e siccome possedeva soltanto una cassettina di stoppa, chiamò le figlie e diede loro quella misera eredità, raccomandando che si volessero sempre bene.
Dopo la morte della madre le due sorelle avevano bisogno di guadagnare qualcosa per comprare un po' di pane, e allora Gina prese una libbra di stoppa e svelta svelta si mise a filare; quando ebbe finito chiamò Gemma e la mandò al mercato perché vendesse il filo e con il ricavato comprasse del pane.
Gemma lo prese, se lo mise sotto il braccio e andò in piazza per venderlo come gli aveva detto Gina, ma mentre cercava un compratore incontrò una vecchina che aveva in grembo una bambola di pezza così bella e graziosa che non se ne era mai visto l'uguale.
Gemma si mise a guardarla, e non si muoveva più di lì, ma non sapeva come dire e come fare per averla. Alla fine si avvicinò alla vecchina e le disse:
"Nonnina, se siete contenta, mi piacerebbe cambiare il mio filo con la vostra bambola".
La vecchina, vedendo che la bella fanciulla aveva tanto desiderio della bambola, rispose:
"Voglio accontentarti perché sei così gentile", e gliela diede. Gemma prese la bambola, e, felice come non era mai stata, tornò a casa. Sua sorella le chiese:
"Hai venduto il filo che avevo filato?"
"Sì", rispose Gemma.
"E dov'è il pane che hai comprato?" continuò Gina, e allora Gemma aprì il suo grembiule bianco e le fece vedere la bambola Poavola che aveva avuto in cambio del filo.
Gina, che si sentiva morire di fame, a quella vista di arrabbiò tanto che perse la testa dalla collera, e prendendo sua sorella per le trecce le diede tante botte che la poverina dopo non riusciva quasi più a muoversi. Ma Gemma non disse nulla, sopportò le botte e andò in una camera, sola con la sua Poavola.
Quando venne la sera, Gemma andò vicino al focolare, e come facevano le mamme con i bambini appoggiò la Poavola su un pannicello di lana, la spogliò e con un po' d'olio della lucerna le unse lo stomaco e il pancino, massaggiandola pian pianino. Poi la vestì per la notte, la mise a letto e si distese accanto a lei.
Gemma non aveva ancora fatto il primo sonno quando la Poavola cominciò a chiamare: "Mamma, mamma, cacca!", lei si svegliò e le chiese: "Che cos'hai bambina mia?".
La Poavola rispose: "Mammina, io vorrei fare la cacca", e Gemma dicendo: "Aspetta, bambina mia", andò a prendere il suo grembiule bianco e glielo mise sotto dicendo: "Fa' la cacca, bambina mia". La bambola Poavola spinse un po' e riempì il grembiule di monete d'oro.
Gemma allora svegliò sua sorella e le fece vedere il tesoro fatto dalla bambola, e Gina, incantata da quelle monete d'oro, ringraziò la buona sorte che non le aveva dimenticate nella loro povertà, e chiese perdono a Gemma delle botte che le aveva dato il giorno prima; infine fece tante carezze alla Poavola, baciandola e cullandola tra le sue braccia.
Al mattino le due sorelle andarono a comprarsi pane, olio, vino, legna e tutto quello che ci vuole in una casa senza miseria, poi a sera unsero il pancino e lo stomaco alla Poavola e la misero a letto. E come la sera prima la Poavola chiese di fare i suoi bisogni e riempì il grembiule di monete d'oro. Così le due sorelle dedicavano alla Poavola tutte le cure, e quando le chiedevano se voleva fare la cacca la bambola rispondeva sempre di sì.
Ma un giorno una vicina andò a fare una visita alle due sorelle, e vedendo com'era piena la loro dispensa si accorse che in quella casa al posto della miseria era entrata molta ricchezza. Domandò alle sorelle:
"Bambine mie, come avete fatto a comprare tutte queste cose, voi che eravate così povere fino a poco tempo fa?"
E Gina le rispose: "Abbiamo scambiato una libbra di filo con la bambola Poavola, che ci fa tutte le monete d'oro che vogliamo".
La vicina a queste parole fu colpita da un feroce attacco d'invidia, ma fingendo di essere contenta per la loro fortuna salutò Gina e Gemma e se ne tornò a casa. Raccontò al marito la storia della bambola che faceva monete d'oro, e gli disse che doveva trovare il modo di rubarla. Il marito dapprima non voleva credere che una bambola facesse diventare ricchi, ma fu tentato dall'avidità e chiese alla moglie:
"Dì un po', come vorresti fare a prendergliela?".
"Faremo così," disse la vicina, "domani sera tu fai finta di essere ubriaco e mi rincorri con la spada sguainata urlando che mi vuoi ammazzare, io scappo di casa e busso alla loro porta supplicandole di darmi rifugio; Gina e Gemma sono gentili e non mi diranno di no. Mi inviteranno a dormire da loro e io troverò il modo di impadronirmi di quella bambola".
Così fecero, e quando la vicina bussò alla loro porta gridando: "Soccorso, soccorso, mio marito mi vuol uccidere!" le sorelle corsero ad aprire e la fecero entrare. Lei raccontò che il marito era ubriaco e che rischiava la vita se tornava in casa prima che gli fosse passata la sbronza, così fu invitata a cena, e dopo un po' andarono tutte a letto.
A una certa ora la Poavola cominciò a chiamare: "Mamma, mamma, cacca!", Gemma come al solito la mise sul suo grembiule bianco e la Poavola faceva monete d'oro con grande soddisfazione delle due sorelle. La vicina guardava tutta la ricchezza che usciva dal corpicino della bambola e non vedeva l'ora di rubarla e portarsela a casa. Così appena fece giorno prese la Poavola, se la nascose sotto il vestito, svegliò le sorelle dicendo che ormai il marito doveva aver digerito il vino e se ne andò.
Quando rientrò in casa disse al marito: "Ora siamo ricchi, guarda la bambola Poavola!". E appena fu sera massaggiò la pancia e lo stomaco alla bambola con l'olio caldo come aveva visto fare dalle sorelle, la mise a letto e si coricò accanto a lei. Dopo il primo sonno la Poavola chiamò: "Signora, signora, cacca!", la vicina prese un bel grembiule bianco, e ce la mise sopra dicendo: "Caca, caca pure, bambina mia!". La bambola spinse e riempì il grembiule di tanta popò che tutta la casa si riempì di puzzo.
Allora il marito disse: "Sei ben sistemata, credulona! e io sciocco che avevo creduto a questa storia fantastica!".
La moglie protestò che l'aveva vista con i suoi occhi fare tante monete d'oro, ma il marito continuava a prenderla in giro, lei voleva riprovare a fargliela fare la notte dopo, ma il marito si arrabbiò, e siccome non sopportava più quella puzza prese la bambola e la buttò dalla finestra.
La Poavola finì su un mucchio di spazzatura e dopo un po' passarono dei contadini che caricarono quella spazzatura su un carro e la portarono in campagna.
Da quelle parti qualche giorno dopo passò il re che andava a caccia, e siccome gli venne voglia di fare un bisogno scese da cavallo e si mise dietro il mucchio di spazzatura. Non avendo nulla per pulirsi, ordinò a un servitore di trovargli qualcosa che facesse al caso suo, e quello vedendo una vecchia bambola di pezza gliela diede. Il re prese la bambola senza pensarci, ma appena se la accostò tra le natiche fece un urlo fortissimo, perché la Poavola gli si era attaccata dietro con i denti, e continuava a morderlo facendolo piangere dal dolore.
Tutti i cortigiani accorsero, e videro che il re giaceva a terra come colpito a morte, allora guardarono cos'aveva, e vista la Poavola provarono a staccargliela, ma non c'era nulla da fare, perché più la tiravano, più lei stringeva i denti sulla natica del re, e anzi via via con le manine gli dava delle strizzate sul davanti che lo facevano urlare come se lo scannassero.
Così caricarono su un carro il re che si sentiva consumare dal dolore e lo portarono a palazzo, da dove lui fece pubblicare questo bando:
Chiunque, di qualunque età e condizione sociale,
riuscirà a liberare le natiche del re dalla bambola Poavola
avrà questa ricompensa:
se è maschio, un terzo del regno,
se è femmina, il re la prenderà in isposa.
Tanti si presentarono, attratti dalla ricompensa e convinti che il compito non fosse poi tanto difficile, ma nessuno riuscì a staccare la bambola, anzi ad ogni tentativo il povero re urlava di dolore perché la Poavola lo mordeva più forte e gli dava quelle strizzatine che gli facevano vedere le stelle.
Gina e Gemma, che stavano a piangere da quando la Poavola era scomparsa, un giorno seppero del bando e andarono dal re. Gina riconobbe la bambola, la salutò e le fece tanti complimenti e moine, ma la Poavola stringendo i denti e le manine continuava a tormentare il povero re. Allora Gemma, che era rimasta in disparte, si fece avanti e disse:
"Maestà, vorrei provare a liberarvi dalla bambola"; poi cominciò a carezzare la Poavola dicendo: "Bella bambina mia, lascia stare ora il mio signore, non vedi che gli fai tanto male? suvvia, non farlo più soffrire".
La Poavola, che aveva riconosciuto la sua mammina, quella che le aveva sempre voluto bene, si staccò dal re e le saltò tra le braccia.
Il re, pieno di meraviglia per tutto quello che era successo, finalmente potè riposarsi, perché erano giorni e giorni che non poteva chiudere occhio, poi, riprese le forze e guarito dai morsi della Poavola, fece chiamare Gemma, e visto che era una fanciulla molto bella e piena di cortesia fu ben contento di mantenere la sua promessa, facendo anche sposare Gina con uno dei suoi migliori cavalieri. Furono celebrate le nozze in grande allegria, con feste che durarono giorni e giorni in tutto il reame, e tutti vissero per sempre felici e contenti.
La Poavola, avendo visto questo bel matrimonio, e come tutto aveva avuto un lieto fine, disparve e nessuno ne ha più saputo nulla. Ma c'è chi crede che potrebbe riapparire, come un sogno o una fantasima.
di Gianfrancesco Straparola