Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev in russo: Александр Николаевич Афанасьев[?] (Bogučar, 11 luglio 1826 – Mosca, 23 settembre 1871) è stato uno scrittore e linguista russo. È il più famoso dei folcloristi russi dell'ottocento.
Nacque l'11 luglio 1826. Suo padre era un piccolo impiegato che passò la vita lavorando negli uffici di due località di second'ordine della gubernija di Voronež. Piccolo autodidatta provinciale, volle far studiare suo figlio, affidandolo a maestri e popi d'una rozzezza tanto caratteristica da farci pensare che Afanas'ev si ricordasse più tardi di questi suoi anni giovanili quando trascrisse con tanto gusto quei racconti del popolo che contenevano elementi satirici sulle scuole, sulle chiese e in genere sul piccolo mondo burocratico delle cittadine di provincia. A Mosca si iscrisse alla facoltà di legge, ma si appassionò a tutti i vari aspetti, storici, letterari e non soltanto giuridici, della intensa vita intellettuale della vecchia capitale che dava allora i più visibili frutti degli anni '40 e approfondiva in tutte le direzioni il dialogo tra occidentalisti e slavofili, tra romantici hegeliani e nuovi illuministi. Gli storici Granovskij e Solov'ëv, i giuristi Redkin e Kavelin, e soprattutto il glottologo, storico della religione e dell'arte F. I. Buslaev diedero ognuno ad Afanas'ev un incoraggiamento, un modello, un indirizzo. Forte fu su di lui l'impronta della scuola storico-giuridica che stava allora gettando le basi della moderna concezione dell'evoluzione dello stato russo. Ma più forte l'incitamento, dategli da Buslaev, a guardare alla lingua, alla sua struttura per ritrovarvi la chiave della storia e della coscienza popolare.
Nel 1849 Afanas'ev trovò il lavoro che gli si confaceva. Funzionario dell'Archivio centrale del Ministero degli Esteri, poté dedicarsi con passione alla pubblicazione di antiche carte e, insieme, godere di molto tempo libero. Scrisse cosi di storia della letteratura russa, di bibliografia; articoli minuti e precisi che dimostrano una tempra di ricercatore e studioso, ma che non hanno nulla di geniale. Tutto il calore dell'animo suo e la genialità del suo spirito si concentrava su un compito nuovo e appassionante: raccogliere, pubblicare e interpretare i racconti del popolo russo.
Diede mano al lavoro appena terminata l'università. Trovò un vasto materiale già trascritto dal celebre lessicografo Dal', altro se ne procurò egli stesso dalla viva voce dei contadini, né mai si stancò di raffrontare tutto quanto riuscì così a mettere insieme. Quando cominciò a pubblicare le sue raccolte non esisteva in Russia che qualche modesto tentativo di offrire una raccolta di racconti popolari, come quello di I. P. Sacharov, pubblicato nel 1841. Un minimo di pratica filologica bastava a scoprire che si trattava di compilazioni senza nessun valore ne artistico ne scientifico. È facile perciò comprendere l'eco profonda che accompagnò la pubblicazione di Afanas'ev, scaglionata per un periodo di otto anni, dal 1855 al 1864, in otto volumetti. Per la prima volta si poterono leggere nel loro assieme, in una versione fedele e vivace, quelle favole che per secoli avevano accompagnato la vita dei contadini, che le balie avevano raccontate ai giovani figli dei signori, che erano state stampate talvolta su fogli volanti che i muziki si erano comperati al mercato, ma che solo l'animo e la cultura romantica di Afanas'ev portavano ora alla luce della letteratura russa. Né l'eco doveva più smorzarsi nel secolo che oramai è passato dai primi tentativi di Afanas'ev per pubblicare la sua raccolta. Dalle discussioni scientifiche allora suscitate nelle riviste come il Sovremennik ("Il Contemporaneo") ai musicisti russi e infine alla visibile impronta che queste favole hanno lasciato nel mondo poetico di Essenin, il riecheggiamento è stato vario e continuo.
Seguendo le tracce dei fratelli Grimm - di cui egli studiò le opere con particolare attenzione - anche Afanas'ev cercò di penetrare fino al significato primitivo, religioso e mitologico delle favole che aveva raccolte. In una sua opera altrettanto fantastica quanto mirabile per larghezza di conoscenze e per acute singole intuizioni, egli cercò di ricostruire le "concezioni poetiche degli slavi sulla natura" e di studiare tutti quegli elementi dei racconti popolari che potevano essere interpretati come trasposizioni dei fenomeni della natura, sole, stelle, pioggia, acqua e tempesta. Tutta la sua concezione, che egli derivava dal romanticismo tedesco, è stata giustamente criticata ed è ormai un curioso documento della cultura europea del secolo scorso. Ma questa continua ricerca di una primitiva rivelazione nei racconti l'aveva portato a considerare e a valutare ogni parola, ogni frase, ogni inflessione di questi racconti. Preziosi essi divennero passando per le sue mani e preziosi sono ancor oggi quando tutto un secolo di lavoro ha ormai trasformato le nostre idee sul folclore, sul suo significato e anche sul modo di raccogliere il materiale stesso.
Tutta la sua vita si riassunse cosi in questa sua opera. Fino alla morte, avvenuta nel 1871, Afanas'ev si dedicò esclusivamente allo studio della vita popolare. Ciò non gli impedì di subire anch'egli il contraccolpo delle persecuzioni politiche apertesi contro gli elementi radicali nel 1862. Per essersi incontrato con quel Kel'siev che cercava di prender contatti con il mondo dei raskol'niki, delle sètte religiose, per introdurvi le idee di Herzen, anche Afanas'ev fu obbligato ad abbandonare il suo posto all'Archivio del Ministero degli Esteri e gli si proibì in futuro di occupare un qualsiasi impiego statale. L'ultima decade della sua vita egli la trascorse dedicandosi a preparare e pubblicare una sempre migliore edizione dei suoi racconti e ad altri lavori letterari. La sua fama era ormai assicurata ed egli era diventato una figura rappresentativa di quel periodo che vide la spinta romantica trasfondersi nella speranza delle grandi riforme e l'amore per il linguaggio del popolo diventare alimento del nascente movimento democratico.
Nel 1860 Afanas'ev compi un viaggio in Germania, Svizzera e Italia. Quest'ultima venne visitata nel periodo del risorgimento, e il suo epistolario testimonia della simpatia con cui egli osservava gli avvenimenti italiani di quel periodo:
« Il popolo è pieno di ammirazione per gli ultimi avvenimenti e crede in uno sbocco favorevole. Garibaldi è qui davvero un eroe nazionale, ne parlano con ispirato entusiasmo, non ammettendo neppure un dubbio nella previsione che egli prenderà Napoli e caccerà il santo padre. Cantori vaganti vanno per tutta l'Italia del Nord, cantando e suonando libere cantate e inni composti all'uopo, dedicati agli avvenimenti politici, e che dicon male del re di Napoli e dell'Austria e innalzano invece le spontanee lodi di Garibaldi e di Vittorio Emanuele, difensori della libertà e dell'unità d'Italia. La folla ascolta con avidità queste canzoni e volentieri compra dei foglietti in cui esse vengono stampate per il popolo. Ad Arona abbiamo ascoltato un bel vecchio con un violino e una signorina con la chitarra che cantavano il "Canto dei volontari garibaldini nello sbarcare in Sicilia", inno popolare del 1860, e altre canzoni... Ecco l'elemento poetico dell'Italia d'oggi... » Qui in Locanda:Baba-jagaIl contadino, l’orso e la volpeL’uccello di fuocoLa principessa ranocchiaLa scarpetta d’oroLa vecchia avidaVassillissa la bella