gio ha scritto:Elli, mi piace la tua riflessione sulla nascita dei capolavori (e dei libri in genere): io ho sempre avuto una visione un po' romantica dell'opera scritta, vedevo nel romanzo qualcosa che veniva da dentro, che l'autore scriveva grazie a un'ispirazione potente, un "moto dell'anima", così come - credo - accada per i grandi capolavori dell'arte o della musica.
Poi certo, una persona per scrivere deve padroneggiare gli strumenti, in questo caso la grammatica della propria lingua. è evidente. Ma deve sapere anche di più? La tecnica di cui leggo su anobi... La gestione del punto di vista, mostrare non raccontare, ecc. Certo sono tutti aspetti che rendono più piacevole la lettura, ma davvero ogni autore, TUTTI gli autori devono seguire queste 'regole'. E anche tutta la riflessione sul prodotto, sul fantasy adulto, davvero si concilia con l'ispirazione, il moto dell'anima? Deve essere originale solo la trama o può esserlo anche la tecnica? Di certo Picasso (che per altro io non amo) non ha seguito la tecnica dei predecessori...
Cosa ne pensate?
Ed ecco che entriamo nel campo minato!
Per quanto mi riguarda, sarò un'inguaribile romantica e/o ingenua, ma personalmente mi schiero col tuo partito: le opere che sono espressione dell'animo umano (chiamiamole, per comodità, "opere d'arte") nascono in primo luogo dalla necessità di... esprimere se stessi. Se no che opere d'arte sono?
Certo, come in ogni arte, lo scrittore deve padroneggiare alcuni strumenti. Ma, fatto questo, a mio parere lo scrittore di questi strumenti può fare quel che più gli pare e piace. Si deve mostrare e non raccontare? E chi l'ha detto che si DEVE fare così? E se io - un IO ipotetico, ovviamente - per ragioni artistiche voglio fare un po' l'uno o un po' l'altro? Qualcuno può impedirmelo? Gestione del punto di vista: e se io - sempre autore ipotetico - voglio cambiare punto di vista ogni due secondi perché ritengo sia la forma migliore per la storia che sto raccontando? Il romanzo in questione sarà illegibile? Non è detto. Ho letto autori che cambiano punto di vista dieci volte in un paragrafo, uno di questi (FranK Herbert) è uno dei miei scrittori preferiti.
Parliamo della riflessione sul fantastico italiano. Per "fantasy adulto", se non ho capito male, molti intendono storie dalle atmosfere più dark, con personaggi che non sono né buoni né cattivi, possibilmente senza il Bene e il Male e senza nessun fine o morale. Bene. Ho letto romanzi così e mi sono anche piaciuti. Ma parimenti mi sono piaciuti (e ho trovato profondi e meritevoli di essere letti) opere che seguono parametri diametralmenti opposti a questi.
Tutto questo per dire che non può esserci una "ricetta" per scrivere un buon romanzo (di genere fantastico o meno); e che un romanzo che sembra "buono" adesso, magari fra dieci anni verrà considerato sorpassato, o magari il semplice prodotto di un certo clima e di un certo ambiente; oppure, al totale opposto, sarà ancora in circolazione e si candiderà a diventare un futuro classico. Per quanto mi riguarda, sono per la libertà di espressione individuale. Se tutti seguiamo le stesse "regole" (formali e contenutistiche) cosa ne sarà dell'originalità? Proprio l'ipotetica soluzione per essere più originali e "maturi", rischierebbe di diventare in questo modo la principale causa di un livellamento. Non credo verrà mai niente di buono da soluzioni artificiose come quelle che mi sembra di cogliere nell'aria. Che uno scriva ciò che più gli piace e nel modo che più gli piace. Poi, come sempre, sarà il tempo a decidere se le scelte fatte siano state felici o meno.