Per il tema filosofico-letterario di stasera ho pensato di aprire un tavolino in questa sezione. Speriamo di non aver fatto un danno...
Piccola premessa
Nel mio dovermi portare avanti per questa estate (come ormai sapete tutti se non riesco a ricavarmi gli episodi di Midda per i primi venti giorni di agosto in anticipo, rischio di boicottare le mie stesse vacanze), ho appena finito di scrivere l'episodio del 3 luglio prossimo.
Questo episodio, nell'estro spontaneo che caratterizza sempre le Cronache, si è proposto quasi senza volerlo come una storia nella storia, con l'introduzione di un personaggio, la narrazione del suo presente e del suo passato utile a concedergli una certa caratterizzazione, e poi lo sviluppo del suo ruolo collegato al resto della trama, ruolo che, entro la conclusione dello stesso episodio in questione, lo vede morire ucciso. Rileggendo quanto ho scritto mi sono sentito incredibilmente triste per questa comparsa (praticamente una tutina rossa di Star Trek TOS, per chi sa di cosa sto parlando)... ritrovandomi meravigliato da quanto la sua tragica fine sia in grado di farlo apprezzare probabilmente molto più di due personaggi comprimari introdotti accanto alla protagonista per tutta la durata del racconto. E, in questo, mi sono spinto a notare come i due racconti che più di qualunque altro già riveduto e corretto, sino a oggi, mi hanno convinto di più ("Alla deriva" e "Trent'anni dopo", per la cronaca, come ho già anche sottolineato altrove), contengano sostanzialmente gli elementi propri di una tragedia, con un finale sì considerabile lieto e pur sempre "macchiato" da una triste morte, dalla fine di un personaggio destinato a essere compianto.
Il tema
La tragedia, come tutti sanno, è la prima forma di teatro inventata dagli antichi greci. Al di là dei greci, sicuramente, la tragedia ha caratterizzato tutte le grandi opere dell'umanità prima nel campo della letteratura, e poi in qualsiasi altro. Pensiamo a "Romeo e Giulietta", considerata da sempre una grandissima storia d'amore ma, in verità, una grandissima storia di guerra, caratterizzata da un'impronta tragica priva d'eguali. Pensiamo al personaggio di Boromir de "Il Signore degli Anelli", da molti considerato uno dei personaggi meglio riusciti proprio in conseguenza alla tragedia che lo accompagna. Pensiamo a qualsiasi grande storia o saga, da Re Artù a Orlando, da Dracula a Frankenstein... tutte opere che hanno segnato il genere umano e che, paradossalmente, offrono la cronaca di immense tragedie. Anche grandi film contemporanei, da "Philadelphia" a "Forrest Gump", da "A.I. Intelligenza Artificiale" a... boh... ditenene uno voi, vedono proprio nella tragedia, se non - direttamente - nella morte dei propri protagonisti, la chiave del loro successo.
Il dubbio
E' una mia impressione o, per qualche strana ragione, siamo morbosamente "attratti" dalla morte, al punto da lasciarci coinvolgere emotivamente in misura maggiore da una tragedia piuttosto che da una commedia o da un "semplice" dramma?
Perché quella fra Romeo e Giulietta è considerata la più grande storia d'amore di tutti i tempi al posto di... boh... Renzo e Lucia?! Alla fin fine, quella fra Renzo e Lucia è una storia che finisce splendidamente, con tanti bambini e tutti vissero felici e contenti, mentre fra Romeo e Giulietta è poco più di un colpo di fulmine fra due ragazzini che, probabilmente, senza tutto il casino delle due famiglie avverse, si sarebbe presto risolto in un nulla di fatto, una notte di sesso e bon, finita lì.
La tragedia ha un ruolo davvero tanto importante nel confronto con i nostri sentimenti?
A voi la parola... io mi riservo il diritto di esprimere personali considerazioni più avanti!