Signore... e disgraziato (in assenza di signori degni di tale titolo)...
credo di aver approfittato anche troppo della vostra ospitalità.
Ringrazio la cortese padrona di casa e tutte voi per la serata concessami, un spiacevole svago lontano dalla mia solita vita, ma credo sia giunto il tempo per me di far ritorno a terre più consone, lasciando in pace il vostro "Mac".
Prima di prendere congedo, vorrei concedermi una fugace riflessione.
Mi ha allietato l'accoglienza che mi è stata donata in queste ultime due ore, come mi ha onorato l'interesse dimostrato nei miei riguardi e, ancor più, nel merito di quelle che conoscete essere quali mie avventure.
Io non so quali giudizi possiate avere, o aver formulato, nei miei riguardi: forse le cronache di cui Sean mi ha reso protagonista vi hanno appassionato, vi hanno intrattenuto, vi hanno concesso diletto. Al di là di tutto questo, una cosa desidero possiate tutte sapere e, in effetti, è qualcosa a cui ho già sostanzialmente accenato pocanzi, nel corso della chiacchierata all'altro tavolo.
A voi, a tutte voi, madri, figlie, nonne, sorelle, zie o nipoti, a tutte voi che conducete quella che forse ritenete essere una vita "normale", non può che essere rivolta la mia ammirazione e il mio rispetto.
Voi siete vere eroine, nel porvi quotidianamente in giuoco come mai io mi sono concessa di fare, nell'impegnarvi nella vita al pari di quanto io, paradossalmente, mi impegni nella morte.
Che questa realtà, che questa coscienza, che questa mia riflessione vi possa accompagnare nella considerazione nel merito delle mie "avventure", delle mie "imprese", affinché non scordiate mai come io possa, forse, compiere imprese eclatanti... ma, in realtà, assolutamente prive di valore nel confronto con quanto tutte voi compite ogni giorno.
Il discorso, d'accordo, può anche valere per eventuali maschietti... ma non fatevene ragione d'orgoglio.
Detto questo: ancora grazie per l'ospitalità.
I miei più sinceri saluti, e che Emdara vegli sul riposo di tutti voi...