Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Leggere, rileggere, e leggere ancora. Come, quando, cosa e perchè...

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Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi gio » 23/07/2013, 9:04

Prendo spunto da un'altra discussione che facevamo qui, a proposito di boom e flop degli esordienti.

Qualcuno diceva che gli inglesi raramente traducono libri stranieri, preferiscono i loro.
Al contrario di quanto accade in Italia :mrgreen:

Però caspita, i romanzi più avvincenti che ho letto negli ultimi anni, in effetti arrivano proprio da autori inglesi.
Sono bravi e diventano famosi. Perchè gli italiani non ce la fanno? Questione di numeri? Là ci sono più lettori e un mercato editoriale più ricco? E' solo per questo?

L'unica autrice italiana che abbia fatto grandi numeri, mi pare (ma magari sbaglio) sia Licia Troisi.
Che tra l'altro i lettori italiani più "fini" tendono a criticare aspramente...
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi LordYanvas » 23/07/2013, 11:05

Al di là dell'esterofilia strisciante (che nell'ambito fantasy/sci-fi ha colpito sin dagli esordi dell'Urania, quando un editor storico affermò che "i marziani non sbarcano a Lucca" per giustificare la scelta di pubblicare estero), a mio avviso presente in ogni ambito della nostra società, ci sono vari fattori in gioco:
a) Il mercato anglosassone traduce meno perché i costi delle traduzioni da X all'inglese sono molto più alti di quelli, per esempio, dall'inglese all'italiano. Gente del settore mi ha spiegato che il compenso medio di un traduttore italiano per un intero libro in UK basta sì e no per i primi capitoli. Del resto è naturale, visto che tutto il mondo conosce l'inglese per necessità, mentre loro ne hanno assai meno di conoscere bene altre lingue. Non solo i nostri libri vengono tradotti meno, ma spesso non arrivano nemmeno alle CE estere perché o qualcuno qui si sobbarca i costi di traduzione, oppure dall'altra parte ci dev'essere un'agente o uno scout in grado di leggere in italiano. Non è così scontato;
b) quello di madrelingua inglese è un mercato enorme. Un moderato successo nei soli Stati Uniti significa una quantità di copie che da noi tirano solo i best seller, il che permette alle CE di assumersi rischi maggiori e soprattutto di investire di più nel marketing (che in Italia è inesistente se non per i libri che già vendono da soli, perché così gli addetti al settore possono vantare risultati. Invece di lanciare, il marketing italiano insegue). Se poi il libro va, possono piazzarlo subito in UK, Irlanda, Canada, Oceania e un'infinità di altri posti senza traduzioni di mezzo, quindi con bassi costi per i licenziatari. L'e-book infine ha ampliato ancora di più il mercato potenziale dell'edizione inglese, ampliandolo all'intero pianeta. C'è una bella differenza rispetto a un paese con sì e no 60 milioni di persone, di cui la stragrande maggioranza legge un libro all'anno quando va bene. Già la Francia, per esempio, ha un mercato più florido del nostro perché lì si legge (e sappiamo tutti quanto siano nazionalisti);
c) le nostre CE acquistano le licenze dei libri che ottengono un riscontro, non di tutte le uscite in maniera indiscriminata e quindi c'è un filtro ulteriore prima che il libro arrivi sugli scaffali. Oltre alle comuni selezioni pre-uscita, l'opera è già stata sottoposta al vaglio di un mercato e trovata meritevole, mentre i flop semplicemente non arrivano. Ciò fa sì che la qualità media dei libri tradotti sia inevitabilmente più alta (poi la fregatura capita sempre, soprattutto quando ci sono di mezzo le mode e si butta in stampa di tutto e di più per cavalcarle senza svenarsi acquistando licenze costose). Quindi non tutti gli autori americani sono più bravi, semplicemente noi non abbiamo occasione di leggere le ciofeche.

Poi ci sarebbe un altro fattore che però cito a parte, perché è solo una mia opinione: la fortissima influenza dei mass-media anglosassoni in termini televisivi e cinematografici ci sta abituando a tempi, dialoghi e immaginari di quella cultura, il che significa che i nostri lettori saranno sempre più propensi a riconoscersi e familiarizzare con il relativo stile letterario. Se ci fate caso, per esempio, libri e serie tv tedesche hanno un loro stile più lento, verboso e pedante rispetto a quelli americani. Idem quelli italiani, che tendono a buttare tutto sul piano emotivo. Quelli francesi invece sono riconoscibili per la cura stilistica, la raffinatezza... insomma il retaggio culturale si percepisce. Più l’influenza anglosassone prenderà piede e plasmerà i nostri gusti, più facilmente ci riconosceremo nelle loro opere piuttosto che nelle nostre. Non so se capiti anche a voi, ma a forza di leggere inglese tradotto, ormai qualche volta sembra quasi strana la scrittura “nativa” italiana con le sue strutture sintattiche e lessicali diverse dal solito.
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi Tremalnaik » 23/07/2013, 12:26

LordYanvas ha scritto:Poi ci sarebbe un altro fattore che però cito a parte, perché è solo una mia opinione: la fortissima influenza dei mass-media anglosassoni in termini televisivi e cinematografici ci sta abituando a tempi, dialoghi e immaginari di quella cultura, il che significa che i nostri lettori saranno sempre più propensi a riconoscersi e familiarizzare con il relativo stile letterario. Se ci fate caso, per esempio, libri e serie tv tedesche hanno un loro stile più lento, verboso e pedante rispetto a quelli americani. Idem quelli italiani, che tendono a buttare tutto sul piano emotivo. Quelli francesi invece sono riconoscibili per la cura stilistica, la raffinatezza... insomma il retaggio culturale si percepisce. Più l’influenza anglosassone prenderà piede e plasmerà i nostri gusti, più facilmente ci riconosceremo nelle loro opere piuttosto che nelle nostre. Non so se capiti anche a voi, ma a forza di leggere inglese tradotto, ormai qualche volta sembra quasi strana la scrittura “nativa” italiana con le sue strutture sintattiche e lessicali diverse dal solito.

Sono daccordissimo con tutto quello che Lord ha detto, in particolare con quest'ultima parte, infatti io che amo le serie televisive scarto a priori quelle tedesche salvo pochissime eccezioni, vedi Last Cop - L'ultimo Sbirro che mi sembra abbia un taglio più americaneggiante, mentre provo tutte quelle americane ed inglesi.
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi nihal87 » 23/07/2013, 13:17

Sicuramente la questione "Non leggiamo le ciofeche" è verissima!!!!
Prendo ad esempio i libri che ho letto in catena su anobii. Alcuni erano delle vere ciofeche secondo me :roll: e sono libri che non arriveranno MAI all'estero. Quindi presumo che la stessa cosa avvenga anche da loro e che quei libri non arrivino MAI da noi.
approvo anche tutto quello detto sulla traduzione!
Motivo per cui nei paesi in cui la traduzione non esiste i film escono prima ecc.
Tradurre costa tempo e denaro, denaro che viene speso se strettamente necessario.
Comunque di autori italiani all'estero ce ne sono. Penso a Baricco dai cui libri hanno tratto anche dei film!
E' letto e apprezzato anche all'estero ed è tutto italiano. O Umberto Eco.

Se andiamo sul fantasy: probabilmente non ci sono neanche così tanti libri che si meritano di essere tradotti non credete?
La Gnone viene tradotta per quel che so e così la Troisi ecc
Forse non vengono tradotti in tanti proprio perchè non ci sono così tanti libri per cui vale la pena di spendere tanti soldi.
Non so se mi sono spiegata :?

WITCH ha avuto un successo mostruoso e quindi tra serie tv e fumetto ha raggiunto una ventina di paesi al di fuori dell'Italia.
Però di opere fantasy così famose non ne abbiamo!

Dopo aver visto WITCH sinceramente mi aveva anche parecchio stupito che l'avesse creato un'italiana. Sono molto sincera!!!

Forse il fantasy italiano ha bisogno di crescere un pò per sfondare anche all'estero.
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi SeanMacMalcom » 23/07/2013, 17:57

I miei due cents...

Qualche anno fa uscì una miniserie televisiva di successo. Una miniserie girata in Italia (a Cinecittà), con quasi comparse italiane, che raccontava una parte della storia italiana. Una miniserie, tuttavia, statunitense, dal titolo "Rome".
Quando ne sentii parlare mi girarono tantissimo le trottole... perché, diamine, possibile che per fare un prodotto di successo girato in Italia, con attori italiani (a parte per i ruoli protagonisti) e tratto dalla storia del nostro stesso Paese, dovevano arrivare dei produttori statunitensi?!

La risposta la trovai in un'intervista a Piero Angela, di quello stesso anno. Un'intervista nella quale Angela lamentava il fatto di aver dovuto tagliare due puntate da SuperQuark per mancanza di fondi (soltanto 6 invece di 8 previste), sottolineando come ciò che la BBC spende per uno solo dei propri documentari, a lui, avrebbe permesso di fare addirittura tre anni di trasmissioni.
Però qui in Italia non si vuole investire in queste cose. Meglio reality show e simili.

Negli Stati Uniti c'è letteralmente fame di storie. Non di storie straordinarie, né di storie eclatanti, ma semplicemente di storie. Ormai il mercato cinematografico mette sotto contratto gli autori ancora prima che abbiano iniziato a scrivere i propri libri... in un fenomeno che, in qualche caso eclatante, ha visto coinvolti anche autori esordienti.
Qual è la differenza? Secondo me semplicemente una differenza di mentalità.
La stessa per la quale un dipendente, per l'azienda italiana, è considerato un costo e non un investimento. Quindi dovendo aumentare i guadagni, il primo fronte sul quale si interviene è quello del taglio dei dipendenti (o la loro sostituzione con precari che costino di meno)... tanto sono solo dei costi.
In Italia, come direbbe una nota pubblicità, "piace vincere facile". Meglio, molto meglio, quindi, investire su un prodotto "sicuro", come un bestseller proveniente dall'estero, anziché cercare di alimentare un mercato autoctono. Persino Camilleri (!!!!) ha dichiarato di essere fondamentalmente costretto a scrivere libri di Montalbano dal suo editore perché, altrimenti, non riuscirebbe a vendere gli altri che scrive (e che apprezza di più scrivere).

Danno collaterale di ciò? Una spiacevole perdita d'identità.
Perché ormai, per scrivere di fantasy, così come di fantascienza, sembra necessario rifarsi inevitabilmente a modelli anglosassoni, anziché cercare di dare vita a qualcosa di diverso. Anche perché, altrimenti, il rischio è che nessuno sia interessato a leggere qualcosa di diverso.
Peccato, però, che così facendo l'unico risultato che si ottiene è un prodotto sovente privo di anima, perché non si sta scrivendo quello che si vorrebbe veramente scrivere, ma soltanto quello che si è convinti gli altri possano attendersi di leggere. O, in altre parole e come ha dichiarato recentemente il Buon Vecchio Zio Martin, si finisce per diventare delle pu**ane al servizio dei propri lettori...

... e ciò è male.
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi nihal87 » 23/07/2013, 18:09

Che nell'arte o nello spettacolo non si investa questo è risaputo.
Però se io cominciassi il discorso poi scivolerei nell'ovvietà: se invece di mngiarseli e di rubarceli investissero quei soldi nei settori dove più servono l'Italia sarebbe un posto migliore.
Vi pare logico investire miliardi nell'esercito quando l'Italia è costituzionalmente non belligerante e tagliare sanità e scuola? :?
Vedendo queste manovre, il sapere che non investono nell'editoria è semplicemente il minimo che mi aspetto.

Quando andai a Londra, lo zio di mia cugina (che ci ospitava e che è uno svizzero trapiantato inglese) mi disse che il GF da loro non davano da DIECI ANNI! Ma che c'erano splendidi documentari :shock: noi li abbiamo visti e sono davvero splendidi.

E forse è anche vero che molti italiani tentano di emulare i BIG anglosassoni o americani.
Motivo per cui forse apprezzo tanto De Feo e Dimitri.
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi gio » 24/07/2013, 10:00

e le agenzie letterarie? secondo voi contano nel determinare il super successo di alcuni libri prima ancora che escano?
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi SeanMacMalcom » 24/07/2013, 16:33

gio ha scritto:e le agenzie letterarie? secondo voi contano nel determinare il super successo di alcuni libri prima ancora che escano?


Assolutamente.
Fra l'altro, in Italia, c'è un concetto sovente distorto di Agenzia Letteraria che diventa una qualche contrazione di Agenzia di Servizi Letterari, volta a farsi pagare dall'autore quanto serve per promuoverlo, senza ovviamente garanzie di sorta nel merito di riuscire a "piazzarlo" o meno.
All'estero, soprattutto nei Paesi anglosassoni, il concetto di Agenzia Letteraria è lo stesso di qualunque altra agenzia (sportiva, modelli, etc), in cui l'Agenzia e l'agente stesso guadagnano direttamente una percentuale sui diritti dell'autore a partire dal momento in cui questo inizierà a essere posto sul mercato.
La differenza? Che nel primo caso, quello italiano, non c'è alcuno sprone a individuare reali opere meritevoli e, soprattutto, a promuoverle, dal momento che il guadagno è comunque garantito. Mentre nel secondo caso, quello anglosassone, l'interesse è a cercare il talento da mostrare al mondo, e soprattutto da far diventare più ricco possibile, per riuscire a diventare altrettanto ricchi.
Ricordate Jerry Maguire?! "Coprimi di soldi... coprimi di soldi..."

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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi gio » 24/07/2013, 16:36

Ah, ecco vedi. Lo chiedevo perchè leggendo le recensioni dei libri su quella rivista gratuita, il Libraio, si nota sovente che il tal libro ancora prima di uscire era già conteso da millemila paesi... Ma se ancora non era uscito? :roll: quindi vuol dire che c'è qualcosa a monte... ancora prima che la casa editrice noti l'opera...
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi SeanMacMalcom » 24/07/2013, 17:44

Essì. Purtroppo è così.
Se noti, nei ringraziamenti dei libri provenienti dal mercato anglosassone, generalmente al primo posto (o giù di lì) è sempre l'agente letterario, colui che, per primo, ha creduto nell'opera facendosi il mazzo per riuscire a farla arrivare all'attenzione delle persone giuste, e trattando che, dall'inizio alla fine di tutto il processo che può portare alla pubblicazione di un libro, il proprio protetto potesse avere il migliore trattamento possibile. E non perché pagato dall'autore per tale ragione, come un banale pubblicitario (senza offesa per i pubblicitari), ma perché a propria volta più che interessato affinché l'opera possa avere il maggiore successo possibile, garantendosi in ciò la propria (meritatissima, a questo punto) fetta di guadagno.
In Italia non sono tantissime le "agenzie" che ragionano in questo modo. E la maggior parte di quelle che ci sono improntate su modello anglosassone sono generalmente fondate da stranieri, che preferiscono restare fedeli alla propria professionalità ancor prima che cedere al modo di fare nostrano.
Del resto, è molto più semplice spillare 1.000 euro a 100 possibili autori solo per prendere in esame il manoscritto e, chessò, fare opera di editing sullo stesso, garantendo che arriverà a 10 ipotetici editori; piuttosto che cercare fra quei 100 autori quei 10, quei 5 o forse quell'unico autore sul quale investire realmente i propri interessi, non chiedendogli null'altro che di affidare a lui/lei la propria opera affinché possa arrivare a essere il più conosciuta possibile.
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi gio » 24/07/2013, 19:48

Ma allora un italiano cosa può fare? :roll:
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Re: Gli scrittori americani sono più bravi di noi?

Messaggiodi SeanMacMalcom » 24/07/2013, 19:53

gio ha scritto:Ma allora un italiano cosa può fare? :roll:


Citando Troisi e Benigni... non ci resta che piangere! :roll:
Scherzi a parte, già da molti anni sono convinto della necessità, per un autore italiano, di abbandonare la propria lingua natia, per quanto da me assolutamente adorata, e di compiere degli studi di letteratura inglese, per iniziare poi a scrivere, con cognizione di causa, nella lingua del Bardo e sperare, in ciò, di ricavarsi la propria possibilità di successo direttamente sul mercato anglosassone ancor prima che su quello nostrano.
Del resto il cosìdetto Sogno Americano è anche questo, no?

Poi... per carità... è soltanto la mia opinione. :) Probabilmente sbagliata.
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