Me lo sto guardando in questo omento con i bimbi e mi sono accorta che mancava nell'elenco!
Eppure...più fantasy di così!
Hayao Miyazaki, che ci ha cullato da piccoli con i suoi cartoni animati, mentre ancora non lo conoscevamo bene, ci ha fatto tornare davvero bambini. Il suo Ponyo sulla scogliera è qualcosa che ci pacifica con il mondo. Una pesciolina dal volto umano viene trascinata da una nave, finisce in mezzo ai rifiuti e si incastra in un barattolo di vetro. Finita sulla battigia, viene trovata da Sosuke, un bambino di cinque anni, che la libera e la chiama Ponyo. Il suo nuovo nome le piace, come il suo nuovo amico. Tornata in mare, decide di diventare una bambina. Una bambina curiosa e magica, e fidatevi di chi di bimbe se ne intende (Miyazaki è il papà di Heidi).
La trasformazione è ancora una volta al centro della poetica di Miyazaki, come ne La città incantata e Il castello errante di Howl: il maestro dell’animazione giapponese ci esorta ancora a credere che le cose possano cambiare, che niente rimane davvero mai simile a se stesso. Ci sprona a non fermarci all’apparenza delle cose, a capire che dietro ad essa ci può essere qualcos’altro. Ci insegna ad apprezzare le cose della vita: non appena diventa una bambina, tutti noi siamo Ponyo, guardiamo il mondo con i suoi occhi, ritrovando quello stupore di fronte alle piccole cose della vita che ormai diamo per scontate, come un panino al prosciutto o una tazza di tè caldo. Ma la magia del maestro ci avvolge in modo che tutti noi siamo anche Sosuke: i temi del film è la fiducia, l’amore e la responsabilità. E allora come Sosuke anche noi dobbiamo pensare che le cose possano cambiare. Basta crederci. E amare.
Miyazaki recupera un archetipo della favola come La sirenetta di Andersen e uno dei punti di riferimento dell’animazione odierna, Alla ricerca di Nemo della Pixar. Ne fa un punto di partenza per un’opera personalissima e carica di sensibilità, citando anche Wagner. Meno frenetico e tendente all’effetto sorpresa dei suoi film precedenti, più riflessivo e pacato, Ponyo sulla scogliera è un gioiello per tutti, grandi e bambini, è, accanto a Wall-E, il film d’animazione dell’anno. Sono due lavori diversissimi, quasi opposti per come sono concepiti: gioiello ipertecnologico completamente creato al computer Wall-E, prezioso lavoro certosino completamente disegnato a mano, con l’antica arte della matita Ponyo sulla scogliera. Un esempio di come non si debba per forza scegliere tra un tipo di animazione e l’altro. La differenza la fa l’arte di chi c’è dietro.
Miyazaki ha la maturità di parlare di un evento tragico, come un’inondazione, e renderla qualcosa di incantato. Nella tradizione giapponese, l’acqua vuol dire vita ma anche morte (lo dimostrano molti horror nipponici): per chi vive su un’isola l’acqua è un pericolo costante. Miyazaki ce lo ricorda di continuo, personificando le onde con sguardi torvi e minacciosi. Il film di Miyazaki incanta lo sguardo e scalda il cuore. Almeno di chi riesce a mantenere un po’ del cuore di un bambino.
Da vedere perchè: ci fa tornare bambini. E credere nella magia della vita, con le sue piccole cose...