Nel giugno del 1816 George Gordon Byron, Mary Wollstonecraft, Percy Bysshe Shelley e il dottor John William Polidori (1795-1821) si trovarono a soggiornare contemporaneamente sulle rive del lago di Ginevra. Costretti al chiuso della loro dimora di Campagne Chapuis da due settimane di piogge torrenziali Shelley e Mary, che nello stesso anno sarebbe diventata la sua seconda moglie, avevano invitato i loro due vicini a trascorrere in compagnia quei lunghi, tediosi giorni di inattività forzata. In quel frangente Byron aveva dapprima proposto di leggere le storie dell’orrore degli scrittori romantici tedeschi incluse nella raccolta Fantasmagoriana e poi, nel clima partecipe e stimolante che si era venuto a creare, aveva invitato gli amici a scriverne a loro volta uno ciascuno. Nacque così, più faticosamente ma anche con risultati decisamente superiori, il Frankenstein di Mary Wollstonecraft; Shelley si misurò in un’operetta meno impegnativa dal titolo The Assassin; Byron compose una storia alla quale da tempo pensava, The Burial (edita a suo tempo nel 1819 come A Fragment); mentre Polidori, ventunenne segretario e compagno di viaggio del Lord, anche se si sarebbero separati prima della fine dell’estate per incompatibilità di temperamento, scrisse The Vampyre, elaborando lo stesso spunto di Byron, come avrebbe del resto poi riconosciuto, e introducendovi elementi di Glenarvon (1816), romanzo autobiografico nel quale Caroline Lamb aveva fatto vestire a Byron i panni del crudele Ruthven Glenarvon, assassino delle sue amanti, infine portato via dal diavolo trasformato all’occorrenza in spettro delle vittime.
La novella di Polidori apparve per la prima volta nell’aprile del 1819 sul “New Monthly Magazine” e, per un errore del direttore della rivista, fu attribuita allo stesso Byron, nonostante le veementi proteste di questi, che scrisse al direttore dichiarando di non esserne affatto l’autore e di non averne mai inteso parlare prima. Particolare gustoso: Goethe, senza minimamente sospettare la falsa attribuzione, era addirittura arrivato a sostenere che si trattava del lavoro migliore del poeta inglese. Il racconto propone per la prima volta all’interno di un’opera letteraria la figura del vampiro, fino a quel momento retaggio esclusivo delle tradizioni popolari di alcuni paesi. La sua pubblicazione fece assai scalpore in Inghilterra e gettò lo scompiglio negli ambienti letterari della capitale, non solo perché la novella era stata inizialmente attribuita a Byron, come già accennato, ma anche per l’argomento trattato. L’opera avrebbe poi goduto di ampia fortuna anche fuori d’Inghilterra. Tradotta in francese nello stesso anno 1819, fra gli altri influenzò notevolemente Charles Nodier (1780-1844), che del vampiro fece il tema letterario predominante nel suo Infernaliana (1822), e con lo stesso titolo Le Vampire scrisse un adattamento teatrale, in collaborazione con Carmouche e Jouffroy, che fu rappresentato il 13 giugno 1820 ed ebbe una replica trionfale nel 1823.