Salve di nuovo,
ormai sono assente da così tanto tempo che, temo, di dover tornare a presentarmi.
Il mio nome è Sean MacMalcom, anche se per qualcuno potrei essere considerato più simile a Attila ("a" come "atrocità", doppia "t" come "terremoto" e "tragedia", "i" come "ira di dio", "l" come "laco di sangue", "a" come "adesso vengo e ti spezzo le corna"). Insomma... dove passo io non cresce più l'erba, tanti sono i guai che combino. Così è anche stato qui in Locanda, dove di guai ne ho creati moltissimi, a incominciare da un grosso guaio chiamato Fanzine. Mia è stata l'iniziativa iniziale, mia è stata la prima latitanza.
Un tempo mi presentavo come programmatore di giorno, cantastorie la notte. In quest'ultimo anno e mezzo non sono riuscito praticamente a provvedere a nessuna delle due attività.
Come programmatore, sto programmando poco: sul lavoro mi sono ritrovato più che altro invischiato in un sacco di beghe, sia di ordine professionale che di ordine personale, e quelle rare occasioni in cui riesco ancora a programmare qualcosa, invece che a spalare lontano da me le montagne di concime che mi vengono lanciate contro, sembrano degli eventi sporadici, come il Giubileo o l'esposizione della Sindone.
Come cantastorie, sto scrivendo ancor meno: mentre un tempo riuscivo a sopravvivere con orari vagamente umani, ormai al lavoro trascorro dalle 10 alle 12 ore giornaliere. E quando arrivo a casa, pur bramando con tutte le mie energie di pormi all'opera nell'unica, reale attività che mi ha mai donato serenità, a stento riesco a trattenere gli occhi aperti. Presto o tardi, temo, inizierò persino a dimenticarmi come scrivere correttamente.
Come se ciò non fosse sufficiente a descrivere la mia grottesca situazione, qualcuno ricorderà che tre anni fa mi sono trasferito a Torino per lavoro e, nello stesso periodo ho scoperto di essere affetto dal morbo di Basedow. Peccato che, prima di arrivare a una soluzione chirurgica, che mi è costata la tiroide, i medici hanno pensato bene di cercare di avvelenarmi a suon di medicinali con minimi effetti collaterali (distruzione del fegato, perdita della vista, inibizione del sistema immunitario e, giusto per gradire, depressione farmacologica): fortunatamente sono rimasto affetto solo dall'ultima... sfortunatamente nessuno mi aveva avvertito del rischio di una depressione farmacologica e, considerando i cambiamenti alla mia vita e a tutto il resto, e non sapendo scendere a patti con l'idea della depressione (mai conosciuta in passato), ho scelto la via più stupida: un bel bicchiere di Johnnie Walker prima di andare a dormire.
Per carità... mi ha aiutato a superare un po' di problemi e mi ha aiutato a dormire sonni più o meno tranquilli, salvo, alla fine, farmi maturare una certa dipendenza dall'idea stessa di un goccetto di scotch e del piacere che da esso, per me, riusciva a derivare. So che l'alcolismo è una cosa seria e che c'è gente che si è rovinata sicuramente più di me... ma, come dire, nel momento stesso in cui, dopo un anno e mezzo che ti costringi a essere "sobrio", ti ritrovi ancora ad allungare la mano verso quella bottiglia rimasta mezza vuota, a titolo di monito, ogni qual volta che ti senti troppo stanco, troppo giù di corda, sconfitto dalla vita e dalle sue regole... beh... comunque un problemino è meglio che ammetti di averlo.
Cos'altro dire...?
Ah... sì... dove un tempo, oltre a scrivere, anche leggere era uno stile di vita, con un consumo medio di almeno una decina di bei tomi al mese, ormai ho ben tre libri iniziati nel mio Kindle, e uno sulla mia scrivania, che attendono di essere conclusi da più di un anno. Insomma... anche come lettore, ormai, sto facendo sufficientemente schifo.
Altro...?
Beh... dai. No. Lasciamo un po' di spazio a tutti voi per trovare ragioni per avermi sulle scatole. Altrimenti rischio di togliervi il piacere della scoperta!
Ciao ciao,
Sean