Locanda di Daimmvor, da "Il Trono delle Ombre" di G. Pagogna

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Locanda di Daimmvor, da "Il Trono delle Ombre" di G. Pagogna

Messaggiodi LordYanvas » 12/02/2012, 17:00

Yanvas raggiunge la taverna di Daimmvor:

Rimase in contemplazione fino a quando sulle cime
non rimase che una sottile lama di luce e le valli sottostanti
furono inghiottite dalle tenebre. Si avviò con lentezza verso
l’ingresso della locanda, dove un ragazzo si era arrampicato
con una scala per accendere la lanterna che avrebbe guidato
gli ultimi viandanti. Yanvas passò sotto l’arcata mentre,
assolto quel compito, il garzone si apprestava a chiudere i
cancelli. Il ragazzo si esibì in un lieve inchino, cui l’uomo
rispose con un cenno del capo. Si era fatto tardi, Trimvos e
Pitral dovevano essere impazienti e affamati, perciò consegnò
le redini al giovane insieme a una manciata di monete
ed entrò per unirsi a loro.
Appena mise piede oltre la soglia della taverna, fu investito
da una zaffata di aria calda e viziata, satura di sudore,
cibo e fumo. Daimmvor, la Locanda Nera, così chiamata per
il colore della roccia con cui era stata costruita, era scura
anche all’interno: il soffitto di legno e le travi a vista che lo
attraversavano erano neri per le frequenti fumigazioni con
cui venivano disinfestati e la scarsa aerazione del locale.
L’edificio era assai più imponente delle tipiche taverne e
stazioni di posta, poiché spesso il maltempo scoraggiava le
carovane dall’affrontare le montagne, e così poteva ospitare
con agio un gran numero di persone e animali. La sala
traboccava di mercanti, soldati e faccendieri di ogni risma.
Un paio di bardi in piedi sui tavoli si contendevano l’attenzione
degli avventori con poemi e ballate che prevalevano
a stento sul brusio.
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Re: Locanda di Daimmvor, da "Il Trono delle Ombre" di G. Pagogna

Messaggiodi LordYanvas » 12/02/2012, 17:01

Ecco un brano sull'oste:
L’oste, un omone dalla pancia formidabile, sedeva accanto
all’altrettanto monumentale caminetto, in cui il fuoco
ardeva vivace nonostante la temperatura fosse già elevata.
Era appollaiato su uno sgabello e rigirava pigramente
enormi spiedi carichi di carne, dai quali il grasso gocciolava
sfrigolando tra le fiamme. Di tanto in tanto si voltava e
controllava i clienti, carezzando il manico della mannaia da
macellaio piantata in un ceppo posto accanto allo sgabello.
L’aroma d’arrosto fece brontolare lo stomaco dell’ufficiale,
ricordandogli quanto fosse affamato.
L’oste gli lanciò un’occhiata con sufficienza. Appena notò
gli schinieri istoriati, mutò espressione e squadrò Yanvas,
di cui riconobbe il doppio ordine di pteruges decorati che
gli copriva le spalle. I legionari semplici avevano un unico
ordine di pteruges sulle spalle, i centurioni due, i comandanti,
come ulteriore distinzione, avevano delle frange dorate
all’estremità di essi.
Il burbero grugno si aprì in un sorriso mellifluo e l’oste si
alzò strofinandosi le mani sui cosciali bisunti delle brache.
«Mio signore, comandate.»
«Tra un paio di settimane passerà di qui una colonna di
legionari e schiavi, fate trovare loro provviste sufficienti per
valicare le montagne e raggiungere Oellir.»
«Mi serviranno molte corone per procurarmele, mio
signore» borbottò l’altro a testa china, con un bagliore
avido nello sguardo.
«Questa è una lettera di lord Arsant, legato della Quarta.
Ti garantirà credito presso qualunque mercante dell’Impero.
»
«Benissimo! Troveranno tutto il necessario.»
Afferrò la pergamena e la infilò nella tunica, dove rimase
visibile attraverso il tessuto teso sul ventre voluminoso.
«Ho bisogno di letti per me e la mia scorta.»
«Povero me! Non posso accontentarvi, mio signore» piagnucolò
afflitto come se gli fosse appena morta la moglie. «Il
passo è aperto da poche settimane e i mercanti si affollano
per andare a sud prima che i prezzi salgano.»
«Se non c’è posto staremo nel fienile o nella stalla» tagliò
corto Yanvas, stufo dei modi untuosi del locandiere.
«Oh no! Non dormirei questa notte sapendo che un
nobile è costretto a bivaccare nel cortile. No, non potrei
mai! Vi cederò la mia stanza. Il pagliericcio è stato rifatto
da poco. Vi costerà due corone, capirete il disagio a cui mi
espongo...»
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Re: Locanda di Daimmvor, da "Il Trono delle Ombre" di G. Pagogna

Messaggiodi LordYanvas » 12/02/2012, 17:02

Sulla locanda di Daimmvor cala la notte:

Un rapace notturno lanciò un richiamo e uno dei cavalli
nitrì innervosito. Yanvas si destò di soprassalto. Doveva
essersi appisolato. Rientrò. La sala era buia e silenziosa,
con le panche trasformate in brande improvvisate dai viandanti
che non avevano trovato posto per dormire. L’oste
russava davanti al focolare, la sua pancia si stagliava come
una collinetta tremolante contro le braci morenti. Salì le
scale cigolanti fino alla soffitta, dove di solito dormiva il
personale. Le pareti non erano in muratura come nel resto
dell’edificio, ma sottili tavolati male in arnese, attraverso
i quali filtravano spifferi e suoni. Si diresse verso la porta
alla sua destra, seguendo le indicazioni, e l’aprì con cautela,
timoroso di disturbare i compagni di viaggio, ma la stanza
era deserta. L’unico segno del passaggio dei due erano i
bagagli impilati in un angolo. Udì alle proprie spalle delle
risatine femminili e gemiti di natura inequivocabile. A quanto
sembrava, le servitrici avevano riservato a Trimvos e Pitral
una calorosa accoglienza. Quella sera i suoi compagni non
avrebbero certo sentito la sua mancanza.
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