FIABA
C'era una volta un Imperatore, che chiamavano l'Imperatore Verde. Era un gran cacciatore, come d'altronde lo sono tutti gli imperatori.
Un giorno, andando a caccia, si mise sulle tracce di un cervo e continuò a inseguirlo attraverso i boschi, finché non calò la notte...Che fare? Era solo, perché si era allontanato dai suoi uomini; e il buio era così fitto, che si poteva tagliare con il coltello. Allora si arrampicò sulla cima di un albero e guardò tutto intorno, se mai potesse scorgere in lontananza il chiarore di un fuoco o di un lume, per raggiungerlo. E in effetti riuscì a intravedere un piccolo barlume, lontano lontano.
Scese dall' albero e si avviò in quella direzione.
Nel cuor della notte capitò alla capanna di un uomo povero povero: nel camino ardeva un fuocherello e su un giaciglio soffriva una donna malata. Fuori pioveva a catinelle, tuonava e folgorava che sembrava la fine del mondo.
"Salute, buona gente ! Permettetemi di trascorrere la notte qui con voi, perché mi sono perduto nel bosco e fuori c'è buio e fa un tempaccio che neanche i cani vogliono uscire."
Quella povera gente provava un grande imbarazzo a tenere in casa un forestiero proprio allora che la donna era ammalata, ma neppure se la sentivano di rifiutare ospitalità ad un cristiano, nel cuor della notte e con un tempo come quello. Perciò gli consentirono di coricarsi su una cassapanca vicino alla finestra. Nemmeno passò loro per la testa, che quello fosse l'Imperatore in persona.
Poco dopo, quella notte stessa, la donna diede alla luce una bella bambina; quindi furono presi tutti dal sonno.
Ma l'Imperatore, che era abituato a dormire in morbidi letti imperiali, non riuscì ad addormentarsi su quella cassapanca di legno e si rigirava di qua e di là, fino al canto del gallo di mezzanotte.
Allora arrivarono le fate alla finestra della catapecchia e cominciarono a vaticinare.
Una disse: "Questa bambina sarà la donna più bella e più saggia di tutto l'Impero".
La seconda fata disse: "Questa bambina passerà per grandi disgrazie, ma tutto finirà bene".
E la terza: "Quando avrà vent'anni, si sposerà con il figlio dell'Imperatore Verde, ma l'Imperatore, per il dolore, si impiccherà quel giorno stesso".
Dopo aver pronunciato le loro parole, volarono via dalla finestra e non fecero più ritorno.
L'Imperatore aveva ascoltato bene le loro parole; perciò, se non aveva potuto dormire fino a quel momento, non ci riuscì neanche dopo. Tutta la notte si tormentò il cervello, pensando come avrebbe potuto fare per rendere vane le parole delle fate.
All'alba si svegliarono anche gli altri. Essi non avevano udito nulla delle parole delle fate.
Quando si furono alzati dal letto l'Imperatore disse loro: "Guardate, buona gente, voi siete poveri e giovani e Dio vi può dare altri figli. Datemi questa bambina, ché io sono ricco e non ho figli, così la crescerò come mia figlia adottiva e quando sarà grande le darò una dote come si deve".
Dapprima marito e moglie erano contrari; ma, quando egli donò loro una borsa di denaro, accettarono la borsa e gli diedero la bambina.v L'Imperatore la prese tra le braccia, così in fasce com'era, e se ne andò con lei per il bosco. Arrivato vicino a dei cespugli, oplà, ci buttò la povera bambina e disse tra se: "Vedremo, se diventerai mia nuora!".
Poco dopo, passò di il il medico imperiale: era dalla sera precedente che cercava l'Imperatore, ma non si erano incontrati. Quando arrivò vicino ai cespugli, gli parve di udire la voce di un neonato. Cerca a destra, cerca a sinistra, ma non vede niente.
Scosta con un piede un cespuglio di fragole selvatiche e trova un bimbo in fasce.
Il dottore... ne fu molto contento, perché era ricco e non aveva figli e poi il bimbo era bello e dava segni di buona salute. Lo portò dunque a casa con se, senza proseguire nella ricerca dell'Imperatore, perché lo stavano cercando anche tanti altri.
A quel tempo l'Imperatore aveva un unico figlio, un bambino di tre anni.
Sei anni dopo, il dottore fece un grande banchetto, al quale invitò anche l'Imperatore, l'Imperatrice e il principino, quell'unico figlio che Dio gli aveva dato.
I grandi mangiavano e bevevano, secondo la consuetudine, mentre i bambini, cioè il figlio dell'Imperatore e la figlia del dottore, giocavano insieme.
Verso sera, quando fu il momento di prepararsi per tornare a casa, l'Imperatore domandò dove fosse suo figlio e vide che stava giocando in giardino con la figlia del dottore.
"Che bella bambina avete, dottore!", disse l'Imperatore quando i bambini arrivarono dal giardino.
"Quanti anni ha? Più o meno avrà l'età del nostro bimbo."
"Sei anni esatti, Maestà. La trovai nel bosco quando Sua Maestà Imperiale si smarrì e noi cercammo da ogni parte. Ricorda?"
"Ah, davvero?", disse l'Imperatore.
"Proprio così, Maestà", rispose il dottore.
Se uno avesse guardato con attenzione l'Imperatore, avrebbe visto che a quelle parole era impallidito. Ma subito aveva ripreso il controllo di sé ed era tornato a casa chiacchierando con l'Imperatrice come se non fosse accaduto nulla.
Ma c'era un tarlo che gli rodeva il cuore: i discorsi delle fate! E lo irritava molto anche suo figlio, che, da quando aveva conosciuto la bambina del dottore, la voleva andare a trovare almeno una volta al giorno.
L'Imperatore, vedendo come stavano le cose, concepì un piano nella sua mente.
Chiamò a se il dottore e la moglie del dottore e tenne questo discorso:
"Sapete? Questi bambini stanno troppo bene insieme e sarebbe un peccato separarli. Facciamoli crescere insieme, poi sarà quel che Dio vorrà. Lasciate che la vostra figliola venga ad abitare qui a Palazzo. Poi verranno insieme a trovarvi; ma per adesso lasciate che stiano bene, finché non conoscono bene e male. Quando poi li conosceranno, non gli si potrà impedire di esser felici".
Il dottore e sua moglie furono d'accordo e la bambina fu subito portata al Palazzo imperiale, dove fu trattata come se fosse figlia di Imperatore.
L'Imperatore se la tenne per un po'; ma una mattina il principino, svegliatosi, non la trovò più. Chiese a suo padre dove fosse la bambina e quello gli rispose che la aveva mandata a scuola nella città vicina. Il bambino ci credette, ma non era vero: quella notte stessa l'Imperatore l'aveva rinchiusa dentro una gran botte e aveva posato la botte sulle onde del Danubio. Così sarebbe perita e le parole delle fate non si sarebbero avverate.
Ma l'uomo propone e Dio dispone. La botte fu trasportata a valle dalle onde, finché arrivò al mulino dell'Imperatore e si fermò sull'imbarcatoio.
I molinai, come videro la botte, la presero e la portarono nel mulino, poi la aprirono per vedere che cosa ci fosse dentro. Quando trovarono la bambina, si rallegrarono moltissimo, tanto più che la molinaia non aveva figli. Ma breve fu la loro gioia, perché dopo qualche giorno l'Imperatore mandò al mulino alcuni uomini con il frumento dell'autunno, a fargli la farina dell'inverno. In mezzo a loro si era infilato anche il figlio dell'Imperatore, come fanno i bambini che si arrampicano in cima ai sacchi; quando fu al mulino e vide la sua amica, la riconobbe subito e non si volle separare da lei.
Quando i cortigiani ebbero finito di macinare, tutti e due si misero a sedere in cima ai sacchi e ritornarono al Palazzo.
Allorché l'Imperatore li vide in cima al carro, rimase di stucco, perché ormai pensava che lei fosse annegata. Adesso cominciava a credere che non c'era modo per proteggersi dal vaticinio delle fate, sicché si rassegnò al proprio destino.
I bambini rimasero ancora insieme; ma quando lui ebbe compiuto tredici anni e lei dieci, l'Imperatore fece fare due anelli d'oro con un diamante incastonato, ne diede uno a ciascuno e disse:
"Da oggi vi separerete per dieci anni e in questo periodo ciascuno di voi due imparerà ciò di cui ha bisogno per vivere. Tu, ragazzo, andrai nella tal città, nel tal reggimento e imparerai bene l'arte della guerra; tu, bambina, andrai nella tal città da mia sorella e là imparerai ad essere una buona massaia, per poter diventare Imperatrice. State bene attenti, però, a non perdere i vostri anelli, perché tra dieci anni chi si presenterà davanti a me senza anello pagherà con la testa la propria temerità e l'infedeltà nei confronti dell'altro".
Il ragazzo fu mandato ad un reggimento, lontano, mentre la ragazza andò dalla parte opposta, da una sorella dell'Imperatore Verde.
Intanto l'Imperatore Verde mandò una lettera a sua sorella, dicendole di tenersi la bambina per dieci anni e di ammaestrarla come meglio sapeva, perché sarebbe diventata sua nuora, e di presentarsi con lei alla corte imperiale dieci anni più tardi, senza fallo. Nella lettera c'era anche scritto che doveva fare in modo di rubare alla bambina l'anello col diamante e mandarlo a lui, se fosse stato possibile.
Il ragazzo, al reggimento, imparò tutte le cose della guerra, cioè come ammazzare alla svelta e con successo il maggior numero di uomini adatti al lavoro, come lasciare mamme senza figli, mogli vedove, ragazze senza innamorati e altre cose di questo genere.
La ragazza imparò a filare e a cucire, a tessere e a cucinare e a fare tutte quelle cose che una buona massaia deve saper fare.
Ormai stavano per compiersi i dieci anni.
Una mattina, mentre stava impastando il pane, la ragazza posò l'anello su una sedia vicino a sé. Finito che ebbe di impastare, lo cercò, ma era introvabile: sembrava che la terra se lo fosse inghiottito. Cercarono a destra, rovistarono a sinistra, frugarono dappertutto, misero sottosopra i letti. Non c'era. La ragazza era terribilmente accasciata e dal dolore stava per sprofondare sottoterra.
Sua zia (ché chiamava zia la sorella dell'Imperatore ) sua zia la consolava con le parole, ma in cuor suo diceva: "E mio nipote dovrebbe sposare una come te? Dovrebbe prendersi una poveraccia, quando può sposare la figlia di un re o di un imperatore? E il mio caro fratello si dovrebbe impiccare a causa tua? Mai!".
Impacchettò l'anello col diamante, che proprio lei aveva rubato mentre la ragazza impastava il pane, e lo mandò subito a suo fratello l'Imperatore Verde. È chiaro che si erano consultati di nascosto e avevano stabilito che cosa fare e come fare. Alla vista dell'anello, l'Imperatore gioisce. Lo esamina per bene e, dopo essersi accertato che è proprio quello che aveva consegnato alla ragazza dieci prima, si reca da solo sulla riva del Danubio e... giù dentro l'acqua!
Adesso era tranquillo, coi suoi cattivi pensieri. Sapeva che nel giro di qualche settimana i ragazzi sarebbero tornati a casa e che quello senza l'anello sarebbe stato condannato a morte, perché non aveva conservato la fede. Perciò ordinò che venisse innalzata una forca vicino al Danubio: l'infedele avrebbe scontato la meritata condanna.
Al momento stabilito, i due ragazzi arrivarono a casa entrambi. Lui, allegro, alla testa di un reggimento di cavalleria; lei, tremendamente addolorata, senza l'anello.
Per il giorno del loro arrivo, l'Imperatore aveva decretato un grande banchetto, con una festa mai vista prima, perché si sarebbe sposato suo figlio.
Giunti ambedue alla corte imperiale, prima di incontrarsi dovettero dare la dimostrazione ciascuno della propria bravura. Lui guidava e istruiva i cavalleggeri, lei andava in cucina e preparava di sua mano le vivande.
Dentro a una grande madia, la ragazza trovò una gran quantità di pesce fresco, pescato nel Danubio; quindi cominciò a pulirli, uno dopo l'altro.
Ne aveva puliti due o tre, quando rimase di stucco per la gioia: nelle viscere di un pesce trovò il suo anello di sposa!
Se lo infilò subito al dito e continuò a lavorare alacremente, ringraziando in cuor suo il buon Dio perché non l'aveva abbandonata.
Frattanto l'Imperatore stava tenendo consiglio coi ministri. "Forse ci saranno nozze, forse ci sarà morte", diceva l'Imperatore, "perché dieci anni fa, quando li mandai a imparare l'arte, li fidanzai e diedi a ciascuno un anello con un diamante; ma dissi loro che chi fosse tornato qui senza l'anello avrebbe pagato la propria temerità con la testa. Ho anche ordinato di erigere una forca, perché chi non ha obbedito dovrà essere castigato. Un Imperatore non può passar sopra alla slealtà."
"Viva Sua Maestà l'Imperatore!", gridarono i ministri, "Saggia è la sua decisione e dovrà essere come ha stabilito Sua Maestà."
Poi mandarono a chiamare il ragazzo, che arrivò vestito con l'uniforme di generale e con l'anello col diamante al mignolo perché adesso non gli andava più bene nelle altre dita: da bambino che era, in dieci anni era diventato un giovanotto alto e ben messo.
L'Imperatore e i ministri esaminarono minuziosamente l'anello e si resero conto che era quello di dieci anni prima. Furono perciò molto contenti.Poi fu il turno della ragazza.
L'ordine la raggiunse mentre si trovava in cucina a far focacce sulla lastra di pietra. Era tanto fiera di essersi rosolata accanto al fuoco mentre preparava le focacce, che nessuno si stancava di guardarla. Sottoposero ad esame anche il suo anello e, verificando che era quello di dieci anni prima, furono molto contenti, in particolare il ragazzo.
C'era uno, però, che se ne stava meravigliato e pensieroso con l'anello in mano, ed era l'Imperatore. Non riusciva a capire come quell'anello avesse potuto riemergere dal fondo del Danubio.
Comunque fece finta di gioire anche lui, ma solo lui si sentiva sul cuore una macina di mulino.
In quello stesso giorno fecero venire il pope, che li sposò secondo la legge cristiana. Poi andarono a banchettare.
L'imperatore, prima che i commensali si disperdessero, disse con voce alta e chiara: "Onorati commensali! Sappiate che a partire da oggi mio figlio sarà Imperatore al mio posto; mia nuora sarà Imperatrice, perché è degna di esserlo, dal momento che le fate hanno vaticinato che sarà la donna più bella e più saggia del mio Impero. Quanto a me, sono invecchiato, ho terminato".
I commensali gridarono: "Evviva!". Ma lui uscì fuori e, per la rabbia di non essere riuscito a impedire la decisione delle fate, si impiccò proprio sulla forca che aveva fatta costruire per sua nuora.
Così, anche in questo punto, si avverò la parola delle fate.
Fiaba Romena