Premetto che questo brano nasce dal nulla e finisce nel nulla. Sto pensando di inserirlo in un racconto sul quale sto lavorando da un po', ma ora come ora è fine a se stesso. L'ho censurato un po' per rientrare nelle linee guida, spero che così vada bene; se sarà considerato ancora eccessivo mi scuso. Ogni critica sarà ben accetta!
Il Re Spettro si faceva attendere. Mentre aspettava, Alanor ebbe modo di guardarsi intorno. Fuori la neve continuava a cadere, il vento glaciale soffiava furioso, cambiando spesso direzione con rapide sferzate e con tale violenza da rendere incerto persino il passo di un'alce. A coprire l'ampia porta circolare una semplice tendina di aghi di pino e felci intrecciati, che poteva ben poco contro l'impeto degli elementi, ma Alanor aveva già constatato che gli Spettri parevano insensibili al freddo. La sala di ricevimento altro non era che una scarna grotta, umida e gelida, appena illuminata da poche torce appese alle pareti. Nel fioco baluginare delle fiamme, Alanor si accorse di non essere solo. C'erano altre persone che, come lui, cercavano udienza, per chiedere protezione, per lamentarsi di oltraggi subiti, per far presente ancora una volta che nella campagna il cibo scarseggiava. Oltre a loro dodici figure incappucciate, col capo chino e le mani giunte, ricoperte da luridi stracci grigiastri, se ne stavano impalate tutto attorno alla stanza rotonda, rivolti verso la pietra. Ogni tanto qualcuno di loro barcollava leggermente, chi cambiava la gamba d'appoggio, chi tentava di stiracchiare il collo senza essere visto, ma ogni precauzione era inutile: immediato ed implacabile, il bastone del Mago arrivava a colpire coloro che infrangevano l'Immobilità. Dovevano essere novizi, accoliti freschi di quella surreale setta, immaginò Alanor. La cosa davvero impressionante non era però il loro aspetto, o quello strano rito di iniziazione: era il Silenzio. Tutti coloro che si presentavano al Tempio degli Spettri erano tenuti a parlare il meno possibile, e solo in condizione di necessità, ma agli adepti era severamente proibito proferire qualunque parola, suono, mugugno, in qualunque situazione da quando indossavano quel malandato saio fino alla fine dei loro giorni. Nella valle c'era addirittura un curioso detto che recitava “gli Spettri sono il cibo preferito dei lupi”, poiché si vociferava che nemmeno se attaccato da qualche belva uno Spettro avrebbe gridato per chiedere aiuto.
Stando a quanto aveva visto in quelle settimane di permanenza, Alanor era persuaso che non ci fosse nessuna macabra procedura per impedire loro di parlare; li aveva visti mangiare ed era certo che non fosse stata loro tagliata la lingua. Eppure, non era a conoscenza di quale fosse la punizione per chi infrangesse il Silenzio, giacché fino ad ora mai una volta aveva udito alcun suono provenire da loro, e questo valeva tanto per gli adepti di alto grado quanto per i novizi. Neppure quando il nerbo colpiva spietato si udiva il benché minimo lamento. Ma Alanor era certo che, seppur di rado, qualcuno violasse quel comandamento, ed era convinto che la punizione fosse tutt'altro che clemente.
La setta era strutturata secondo una solida e rigorosa gerarchia, di modo che ognuno sapesse sempre cosa fare in ogni momento, così che non si rendesse necessaria la comunicazione. Nondimeno, esistevano alcuni gesti, alcuni cenni prestabiliti per evenienze straordinarie. L'unico ad essere esentato dal Silenzio era per l'appunto il Re; tuttavia parlava alquanto di rado, e anche quando lo faceva era sempre laconico, se per scelta o per obbligo Alanor non avrebbe saputo dirlo.
D'un tratto uno dei novizi crollò carponi, stremato. Anche se “Spettri” era soltanto un nome, era senz'altro appropriato: il loro aspetto era sinistro e spaventoso, pallidi come la neve ed emaciati quanto chi soffre a lungo la fame. Lo stesso Re sembrava poco più di uno scheletro con la pelle. Circondati da un clima così rigido, soggetti ad una disciplina così ferrea da apparire crudele, non stupiva che molti cedessero.
Il Mago si avvicinò al novizio caduto e lo invitò a rialzarsi posandogli il bastone su una spalla. Non ottenendo reazione, uscì dalla grotta per rientrare poco dopo seguito da due Spettri di medio rango, che afferrarono il giovane per le braccia e lo trascinarono fuori senza che lui opponesse alcuna resistenza. Un vecchio che appariva scarno quasi quanto i confratelli, probabilmente un contadino questuante, si avvicinò ad Alanor e gli sussurrò all'orecchio “Ora lo lasceranno nella foresta per una notte. Se saprà tornare con le sue forze potrà restare, altrimenti...” Uno sguardo severo e glaciale del Mago lo ricondusse al silenzio prima che potesse finire, ma non era necessario. I deboli non avevano valore per gli Spettri, chi non riusciva a resistere veniva semplicemente lasciato alla foresta. Cosa potesse spingere un uomo a seguire un simile culto rimaneva un mistero per Alanor. “Non certo il più oscuro, comunque” meditò tra sé.