Alanor - Capitolo 1

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Moderatore: nihal87

Alanor - Capitolo 1

Messaggiodi barbosauro » 11/09/2013, 19:36

questo dovrebbe essere l'inizio del racconto cui appartiene il brano che ho postato... siate critici, siate spietati perché non mi convince molto.

Un'alba rossa sorgeva sulle candide mura di Ninquë Osso, la Bianca Città degli Elfi, capitale delle terre di Erànnien. Le lunghe ombre delle sue tre torri si estendevano sulle vie, sulle case, giungevano alle mura esterne e andavano oltre, nella verde e fertile pianura circostante, sui boschi sacri agli antenati. La Torre della Luce, sede degli stregoni, la Torre della Forza, dove risiedevano i guerrieri, e la più alta, la Torre del Re, sembravano incoronare la città ed il mondo, il bianco lucente del marmo pareva uno specchio della saggezza di quel grande popolo. Ma Ninquë Osso era una città antica, le sue mura mostravano i segni indelebili dei secoli, e allo stesso modo anche la grandezza degli Elfi risultava ormai intaccata. Nei vicoli, la vita del popolo si era fatta più dura, e la fedeltà e la fiducia nel loro signore, re Terion, si era incrinata.
Per quanto si fosse tentato di mantenere il segreto, tutti sapevano della deplorevole condotta della principessa Ilian, che, per un capriccio, era fuggita dai soldati che dovevano scortarla dal suo futuro marito. Tutti sapevano che quegli elfi erano morti cercando di ritrovarla, di salvarla, sterminati da un troll di montagna nelle terre selvagge del nord. E sebbene in pubblico nessuno si esponesse, nelle taverne tutti concordavano sulla gravità delle sue azioni, alcuni arrivavano addirittura a sostenere che lei con le sue mani avesse stroncato le vite degli elfi sopravvissuti alla battaglia. Il malcontento era cresciuto ulteriormente quando Terion si era rifiutato di condannarla a morte, come avrebbe previsto la legge, e nei primi tempi non erano mancati i disordini, addirittura gli attentati alla vita della principessa.
Ormai erano passati trent'anni dall'accaduto, ma la memoria degli atti biasimevoli è assai più duratura che non quella delle azioni degne di lode, e con il frutto dei peccati di Ilian che viveva in città era più difficile ancora dimenticare.
La vita di Alanor il mezzelfo non era affatto semplice: egli era stato concepito da Ilian in una notte di passione nella foresta con un barbaro del nord, uno di quelle genti selvagge delle lande desolate, un Uomo. Com'era appropriato per il suo rango, Alanor viveva a corte e aveva avuto anche la possibilità di intraprendere una carriera. Era usanza che i membri della famiglia reale scegliessero se diventare soldati o stregoni, e coloro che non sarebbero diventati sovrani di solito raggiungevano il rango di Alto Stregone o Generale. Alanor aveva scelto di studiare nella Torre della Luce, ma il nonno gli aveva proibito di andare oltre il grado di mago minore. Gli antichi misteri e i poteri ancestrali, aveva decretato Terion, non erano materia adatta ad un bastardo mezzo-barbaro.
L'unica persona a corte che mostrava ad Alanor un po' d'amore era proprio sua madre. Ma presto tutto sarebbe cambiato.

Un sole rosso proiettava le ombre delle bianche mura tra le vie ed i vicoli di Ninquë Osso, scandendo la vita di tutti, svegliando i contadini nelle fattorie poco lontane e i fruttivendoli che lentamente aprivano bottega, i locandieri che si recavano ai loro ostelli, e portando sollievo ai panettieri che spegnevano i forni. Le molte torce della città venivano spente dai candelieri e dagli allievi degli alchimisti, i maghi e gli stregoni si recavano alla loro torre e molti soldati uscivano per il turno di guardia.
La giovane Feanil, dama di compagnia della principessa Ilian, che amava uscire prima del canto dei galli per godersi la brezza, per sedersi sull'erba ancora bagnata dalla rugiada e ammirare l'alba, si dirigeva di tutta fretta verso il palazzo; doveva svegliare la sua signora e portarle la colazione dalle cucine, e non intendeva tardare, non dopo l'ultimo rimprovero subito dal castellano Iruot. Raggiunse il complesso regale, passò rapida per le cucine ad afferrare ciò che i cuochi avevano preparato, e corse lesta su per le alte scale che conducevano alla camera della principessa. Arrivò giusto in tempo, tirando un sospiro di sollievo. Bussò sommessamente alla porta, sussurrando un debole richiamo, ma non ottenne risposta, quindi riprovò con più vigore. Alla fine, pur di non farsi trovare lì impalata dal castellano, il quale sembrava mal tollerare le scuse, decise di entrare. Aprì timidamente la porta, sbirciando dentro.
“Dama Il...”
Un urlo risuonò per le scale, i corridoi, un urlo così forte da uscire dal palazzo e spargersi per tutta la città alta. Un grido di terrore svegliò il palazzo reale della città degli Elfi.

Alanor dormiva profondamente quando fu svegliato da un violento bussare alla sua porta. Tentò di ignorarlo, ma le percosse continuarono.
“Giovane principe! Giovane principe, svegliatevi!”
Uscì dalla stanza rassegnato. “Che c'è?!” chiese irritato.
“Giovane principe, venite, seguitemi.”
“Ma che succede?”
“Il Re vi convoca. Non so altro, principe.”
Alanor seguì di malavoglia l'enigmatica guardia attraverso quel labirinto di corridoi e salette che era la Torre del Re, su per interminabili scale a chiocciola, su su e ancora su, fino quasi alla sommità. Al penultimo piano imboccarono un corridoio, attraversarono una porticina di legno di quercia e videro una moltitudine di persone. C'erano il re, la regina e tutti i loro figli, il castellano, i tre anziani e i dodici ministri. C'erano l'Alto Stregone e il Generale, il capo della guardia e una dozzina di armati, più molti servi e attendenti. Se ne stavano tutti di fronte alla porta della stanza di sua madre. Avevano tutti facce tetre, alcuni piangevano, alcuni si stringevano tra di loro.
“Mio re, cosa succede?” domandò. Alanor era ormai avvezzo a non potersi prendere confidenza con alcuno dei suoi regali parenti, dati i suoi natali.
“Vieni, e guarda con i tuoi occhi di bastardo!” gli rispose il re, con tono furioso.
Si affacciò alla camera e vide. Un lago di sangue arrivava fino alla porta, lambendogli i piedi. Sua madre se ne stava seduta a terra, con il volto inespressivo, gli occhi vitrei. Dai suoi polsi sgorgava quel fiume purpureo, e nella mano destra brandiva un pugnale.
“Ma-madre..” biascicò, poi sentì una fitta allo stomaco e crollò sulle ginocchia. Gli sembrò che la stanza cominciasse a vorticargli attorno, che il soffitto di marmo gli crollasse addosso. Il cuore cominciò a battere più forte, le mani tremavano. Ilian era stata tutto il suo mondo, l'unica a trattarlo con dignità, e ora se n'era andata. Ora sapeva di essere completamente solo. Nella sua mente si formarono mille pensieri: maledì la madre per la sua debolezza, maledì il fato per la sua crudeltà, poi maledì gli altri.
“Voi..” disse, nero in volto. Una collera cieca lo prese. “Voi l'avete uccisa! Voi con le vostre accuse, con le vostre vessazioni! VOI VI SIETE MACCHIATI DEL SUO SANGUE!!!” gridò queste accuse a squarciagola, poi le lacrime lo presero. La regina Edhanar gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla, ma lui la respinse.
“Via, andatevene! Sparite, maledetti!”
Ma loro non se ne andavano. Così, distrutto, adirato, si alzò e scattò verso il re. Le guardie lo fermarono prima che potesse raggiungerlo, lo bloccarono con forza. Allora Terion parlò.
“Portatelo nelle sue stanze. Che recuperi il senno. Fatelo sparire dalla mia vista!”
Alanor fu trascinato via, fuori dalla Torre del Re, attraverso il giardino di pietra, sotto il primo portale e giù per la strada che conduceva alla Torre della Luce, dove alloggiava.

Quella notte, Alanor non dormì. Rimase chiuso nella sua stanza, a rimuginare su ciò che era accaduto. La sua disperazione lo faceva vaneggiare di poter riportare in vita sua madre, ma egli sapeva bene che ciò non era possibile; l'Alto Stregone lo aveva detto a chiare lettere, anche se in un contesto diverso “non esiste alcun potere che possa sconfiggere la morte, né esisterà mai. Anche la più oscura delle magie trae la sua forza dall'energia vitale; la morte è solo oblio, è cessazione di ogni energia, di ogni potere. Nemmeno gli Dei possono sconfiggere la morte, giovane apprendista.”
Ma Alanor trovava comunque difficile rassegnarsi. Si sentiva colpevole; se lui non fosse mai nato, sua madre non sarebbe stata cacciata dal regno degli Uomini, avrebbe potuto vivere felice. Gli Elfi avrebbero potuto dimenticare senza la sua presenza a costante ricordo di ciò che era stato fatto. Si sentiva impotente. Non aveva potuto vedere la sofferenza di Ilian, non aveva potuto percepire il suo dolore mentre commetteva quel gesto estremo, e anche se l'avesse avvertito non avrebbe potuto fermarla. Alanor si sentiva furioso. Il popolo della madre, la sua stessa famiglia, coloro che avrebbero dovuto essere sangue del suo sangue l'avevano condannata senza neanche sapere come fossero realmente andate le cose. L'avevano vessata, tormentata, le avevano ricordato la sua vergogna giorno dopo giorno, senza concederle tregua né perdono. Come era possibile serbare tanto rancore? Come si poteva torturare così qualcuno, quando era evidente il pentimento? Come si poteva essere tanto crudeli, tanto spietati?
Decise che avrebbe posto rimedio come poteva alle proprie colpe, che non sarebbe mai più stato debole, impotente. Sarebbe diventato forte, non avrebbe mai più permesso che qualcuno soffrisse; egli era sempre stato sensibile, aveva sempre avuto la volontà di difendere chi non poteva difendersi da solo. Ma la volontà non bastava, serviva il potere. Doveva divenire potente, implacabile, doveva fare sue tutte le forze magiche, assoggettarle al suo volere e comandarle; doveva raggiungere gli Dei e superarli. E quando avesse conseguito il suo obiettivo, nessuno avrebbe più sofferto inutilmente. Ma non bastava. Non avrebbe cancellato il passato. Molti sarebbero vissuti in pace, certo, ma sua madre sarebbe rimasta morta, e coloro che l'avevano spinta al suicidio impuniti. Avrebbe dovuto rimediare anche a quello. Decise che avrebbe avuto la sua vendetta. Contro il re, contro il popolo e la città, contro tutti gli Elfi, se così doveva essere. Avrebbero pagato a caro prezzo ciò che avevano commesso, avrebbe fatto loro espiare le proprie colpe così come loro avevano fatto con Ilian. Avrebbe negato loro il perdono e la pietà che negarono a sua madre, li avrebbe visti strisciare e piangere e supplicare, e alla fine li avrebbe condannati. Si sarebbe macchiato del loro sangue come essi si erano macchiati di quello di Ilian, e quel sangue avrebbe finalmente cancellato i suoi sensi di colpa, avrebbe cancellato il passato e gli avrebbe dato la pace.
Ma non poteva trovare ciò che cercava dentro quelle mura soffocanti, tra coloro che lo disprezzavano e che avevano disprezzato sua madre. Nemmeno il potere e le conoscenze dell'Alto Stregone erano sufficienti ai suoi propositi, nemmeno tutti i soldati di tutti gli eserciti sarebbero bastati. Doveva andarsene. Doveva vagare per il mondo, affrontare le avversità lo avrebbe fortificato, e negli angoli più remoti della terra avrebbe trovato la conoscenza che cercava. Avrebbe usato qualunque cosa, ogni incantesimo o amuleto, ogni rituale e ogni sacrificio, ma alla fine avrebbe prevalso. O così, o la morte!
Tutto ciò decise Alanor in quella notte di disperazione, di dolore e di furia.

Il mattino seguente, quando le guardie andarono a prenderlo per portarlo al cospetto del re, egli era già scomparso. Silenzioso come un'ombra era uscito dal suo alloggio, era sceso nel cortile di pietra, attraversato il secondo portale e percorso le strade secondarie ed i vicoli bui, aveva raggiunto la Porta dei Poveri, nella zona più bassa di Ninquë Osso, ed era passato travestito da mendicante. Le guardie a quella porta non facevano mai molta attenzione, e nelle ore che precedevano l'alba erano sempre molti gli straccioni che uscivano dalla città per onorare gli Dei con i culti antichi, i rituali degli alberi e dei boschi. Alanor si era diretto verso il bosco sacro ai suoi antenati, vi si era addentrato ed era scomparso.
Le guardie setacciarono la città e le zone limitrofe, ma non trovarono nulla. Alla fine il re decise che le ricerche cessassero. La legge dei suoi padri stabiliva che ogni Elfo nasceva libero, e libero conduceva i suoi giorni, a meno di non commettere crimini. E di crimini, Alanor non ne aveva commesso alcuno.
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Re: Alanor - Capitolo 1

Messaggiodi barbosauro » 25/09/2013, 15:15

vedo che alcuni l'hanno letto. vorrei esortarvi a commentare, ditemi se vi è piaciuto e perché, e soprattutto se non vi è piaciuto e perché... così mi aiutereste a buttar giù qualcosa di degno... grazie.
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Re: Alanor - Capitolo 1

Messaggiodi Tremalnaik » 25/09/2013, 18:36

Mi è piaciuto ma è solo un inizio, vorrei leggerne di più.
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.
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Re: Alanor - Capitolo 1

Messaggiodi barbosauro » 26/09/2013, 15:16

il resto è in fase di stesura... appena avrò qualcosa di pronto lo posterò, ma non voglio continuare a postare capitoli o riempirò di post questa sezione e non mi pare giusto. pubblicherò quindi il racconto intero una volta completato.
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Re: Alanor - Capitolo 1

Messaggiodi Tremalnaik » 26/09/2013, 19:54

Mi pare giusto.
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza.
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Re: Alanor - Capitolo 1

Messaggiodi demon black » 27/09/2013, 8:09

Allora aspetterò anche io ;)
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