Il posto non sembrava un granché: un edificio di mattoni che si abbassava al centro come un soufflé sgonfio. Un’insegna al neon malconcia, storta e sfarfallante annunciava il nome del ristorante. Due uomini con giacche lunghe e capelli abbassati sugli occhi erano stravaccati davanti all’ingresso. Niente finestre.
“Sembra una prigione” fu il commento di Clary.
Lui le puntò un dito addosso. “Ma in prigione potresti ordinare degli spaghetti alla frà Diavolo da leccarsi le dita? Non credo proprio.”
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Vennero fermati all’ingresso da uno dei due tizi stravaccati. Mentre si alzava in piedi Clary intravide ilsuo volto sotto il cappello. Aveva una pelle rosso scura e le sue mani squadrate terminavano con delle unghie tra il nero e il blu. Clary si irrigidì, ma Jace e Alec non sembravano preoccupati. Dissero qualcosa all’uomo, che annuì è si scostò per lasciarli passare.
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L’interno era gradevole, nonostante l’assenza di finestre. C’erano degli accoglienti separé di legno, tutti dotati di cuscini dai colori vivaci. Delle stoviglie erano spaiate erano allineate lungo il bancone, dietro al quale c’era una ragazza bionda con un grembiule rosa e bianco da cameriera che stava dando il resto ad un tizio corpulento con una camicia di flanella.
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Locuste e miele erano indicate come specialità della casa, come anche piatti di carne cruda, pesci crudi interi e una cosa chiamata sandwich di pipistrello fritto.La pagina delle bevande era dedicata a diversi tipi di sangue alla spina: con grande sollievo di Clary, si trattava di vari tipi di sangue animale, anziché di A, O o B negativo.
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In quel momento la cameriera arrivò a prendere le ordinazioni. Da vicino eraa una bella ragazza bionda, ma i suoi occhi completamente blu, senza bianco né pupilla, erano inquietanti. Sorrise mostrando i suoi piccoli denti affilati. “Sapete già cosa ordinare?”
(Shadowhunters-Città di ossa, di Cassandra Clare)