FIABA
C'era una volta, tanto tempo fa, nella città di Perdifumo, un povero giovane poco accorto e vagabondo, che si chiamava Giovannino.
La sola cosa che gli piaceva era ascoltare i discorsi paurosi sulla morte, e siccome sentiva sempre dire che nel mondo non c'è cosa più orribile e paurosa, che la morte è oscura e non si può sfuggirle, perché prima o poi prende tutti, poveri e ricchi, re e mendicanti, era pieno di meraviglia, e infine decise di andare per il mondo per cercare la morte e vedere se era così paurosa. Così si vestì con i suoi rozzi panni, prese un bastone di corniolo e partì.
Aveva già fatto molta strada, quando vide un calzolaio che faceva scarpe in quantità davanti alla sua bottega, e nonostante ne avesse già fatte tante continuava a lavorare senza sosta.
"Bentrovato, mastro calzolaio", disse Giovannino, e il calzolaio gli rispose: "Benvenuto, giovane".
"Che fai?", gli chiese Giovannino; "Io lavoro," disse il calzolaio, "ho bisogno di lavorare per non trovarmi nel bisogno, eppure ho sempre bisogno e mi affatico a fare le scarpe".
Giovannino disse: "Ma perché? ne hai già tante, perché ne fai delle altre?", e gli rispose il calzolaio: "Le indosserò e le venderò, per mantenere me e la mia famiglia, e poi voglio mettere qualche soldo da parte per quando sarò vecchio ".
"E poi," disse Giovannino, "che succederà?".
"Dopo non ci sarò più".
"Perché?", chiese Giovannino; "Perché verrà la morte e con lei non c'è nulla da fare", gli rispose il calzolaio.
"O calzolaio", disse allora Giovannino, "mi puoi dire cos'è questa morte?". "No davvero", rispose il calzolaio.
"L'hai mai vista?" chiese Giovannino; "Non l'ho vista, e non vorrei vederla né provarla mai, perché tutti dicono che è una brutta bestia paurosa", rispose il calzolaio continuando a lavorare.
Allora Giovannino gli disse: "Mastro calzolaio, potresti almeno insegnarmi dove sta? perché io la sto cercando giorno e notte, per monti e per valli, e non riesco a sapere nulla di lei".
Il calzolaio gli rispose: "Io non so dove sta, né dove si trova, né com'è fatta: ma tu va' avanti, che forse la incontrerai".
Giovannino andò avanti, e un giorno arrivò a un fitto bosco, entrò sotto gli alberi ombrosi e vide un contadino che aveva tagliato tanta legna da bruciare, e continuava a tagliarne senza mai fermarsi. Si salutarono e Giovannino disse:
"O contadino, che vuoi farne di tanta legna?"; il contadino rispose: "Ci farò il fuoco quest'inverno, quando ci saranno la neve, il ghiaccio e la triste nebbia, così potrò scaldarmi con i miei bambini, e altra legna la venderò per comprare pane, vino, vestiti, e tutto quello che serve per mantenersi finché non viene la morte".
"Ti prego contadino," disse Giovannino, "mi sapresti insegnare dove si trova questa morte?". "No davvero," disse il contadino continuando a tagliare legna, "perché io non l'ho mai vista e non so dove si trova. Sto in questo bosco tutto il giorno a fare il mio lavoro e passano di qua pochissime persone, che io non conosco nemmeno".
"Ma allora, come farò a trovarla?", disse Giovannino; e il contadino gli rispose: "Io non te lo so dire, e nemmeno insegnare: ma va' più oltre, che forse te la troverai davanti".
Giovannino salutò il contadino e ripartì, e dopo aver camminato a lungo arrivò da un sarto, che appesi dappertutto aveva abiti molto belli e di tutte le fogge.
Giovannino gli disse: "Buona giornata, mastro sarto", "Buona giornata anche a te, giovane", gli rispose il sarto.
"Che ne fai di questi begli abiti, lussuosi ed eleganti? sono tutti tuoi?".
Il sarto gli rispose: "Certi sono miei, certi di mercanti, certi di nobili e certi di altre persone".
"E cosa se ne fanno," gli chiese Giovannino, "di tanti vestiti?".
"Li indossano secondo il tempo", rispose il sarto, e facendoglieli vedere spiegava: "questi sono da estate, questi da inverno, questi per la mezza stagione, certe volte si mettono gli uni, certe volte gli altri".
"E poi che fanno?", disse Giovannino. "E poi passano la loro vita finché non viene la morte", rispose il sarto continuando a cucire.
Sentendo parlare della morte Giovannino disse: "Mastro sarto, mi puoi dire dove si trova questa morte?".
Il sarto, turbato e quasi arrabbiato gli rispose: "O giovane, mi vieni a domandare cose strane. Io non te lo so dire né insegnare dove si trova, e non ci penso mai, e chiunque mi viene a parlare di lei mi fa una grossa offesa; quindi cambiamo argomento, oppure levati di qua, perché non voglio saperne di questi discorsi", e dopo queste parole lo salutò.
Giovannino aveva già visitato molti paesi, quando arrivò in un luogo deserto e solitario, dove vide un eremita in ginocchio, tutto assorto nella contemplazione, con la barba ispida, smagrito per gli anni e per i digiuni; Giovannino pensò quasi che fosse la morte e gli disse:
"Bentrovato eremita". "Che tu sia il benvenuto, figliolo", rispose l'eremita.
"Che cosa fai in questo posto scomodo e inospitale, dove non c'è nulla di piacevole e non ci sono uomini?".
"Io dico le preghiere," rispose l'eremita, "faccio i digiuni e le contemplazioni".
"E perché lo fai?", disse Giovannino: "E me lo domandi, figliolo?" gli rispose l'eremita restando in ginocchio, "per servire Dio e mortificare la carne, per i poveri peccatori e per salvare la mia anima, così quando verrà la morte sarà pura e libera da tutte le colpe. Perché, quando verrà il giorno tremendo del giudizio, il Signore con la sua bontà mi accolga nel paradiso, dove vorrei che tutti potessimo andare dopo la nostra morte".
"Caro eremita, dimmi un po'" gli chiese Giovannino, "se non ti dispiace, che cos'è questa morte, e com'è fatta?".
Il santo eremita gli rispose: "Caro figliolo, non cercare di saperlo, perché è una cosa orribile e paurosa, i sapienti dicono che è l'estremo dolore, la tristezza di chi è felice, il desiderio di chi soffre, e la fine di tutte le cose di questo mondo. Separa l'amico dall'amico, il padre dal figlio e il figlio dal padre, la figlia dalla madre e la madre dalla figlia, scioglie l'unione degli sposi e infine divide l'anima dal corpo, e il corpo senz'anima non può fare più nulla, diventa così marcio e puzzolente che tutti lo abbandonano e fuggono da lui perché ne provano orrore".
"O eremita, tu l'hai mai vista la morte?", gli chiese Giovannino, "No davvero", gli rispose quello; "Ma io come potrò fare a vederla?", gli chiese allora Giovannino.
"Se tu desideri trovarla," rispose l'eremita, "va' più avanti, perché in questo mondo più si cammina e più ci si avvicina a lei".
Il giovane ringraziò l'eremita che gli diede la benedizione, e ripartì.
Continuando il suo viaggio Giovannino attraversò profonde vallate, monti di pietra e boschi inospitali, vedeva lungo il cammino animali diversi e paurosi, e chiedeva:
"Sei la morte?", ma ciascuno di loro gli rispondeva: "No, non sono io la morte".
Dopo essere passato per numerose regioni e aver visto tante cose strane, Giovannino arrivò ai piedi di un'alta montagna, e dopo averla valicata si trovò in una valle profonda e cupa, chiusa da alte grotte, dove vide un animale mostruoso, che con i suoi gridi faceva rimbombare tutta la valle.
Giovannino gli chiese: "Chi sei? Ehi, sei forse tu la morte?". "Io non sono la morte," rispose l'animale feroce, "ma continua a camminare, che presto la troverai".
Sentendo la risposta che desiderava tanto, Giovannino fu molto contento.
Il povero giovane camminò ancora, tanto che dopo tutta la strada che aveva percorso e le privazioni che aveva patito si sentiva stremato e mezzo morto, quando giunse in una campagna vasta e aperta, salì su una dolce collina fiorita, e guardandosi attorno vide una bellissima città circondata da alte mura. Tornò a sperare e si rimise in cammino, e all'imbrunire arrivò a una porta, ornata di bellissimi marmi bianchi, dalla quale entrò nella città col permesso del portinaio.
La prima persona che si trovò davanti fu una vecchia che doveva avere innumerevoli anni, bassa di statura, mesta in viso, e così secca e consunta che le si potevano contare le ossa. Aveva la fronte rugosa, gli occhi torti, lacrimosi e arrossati, le guance increspate, le labbra cadenti, le mani storte e callose, tremolava tutta, camminava curva, ed era vestita di panni rozzi e scuri. A sinistra aveva una spada dalla lama affilata e nella mano destra teneva un grosso bastone che in cima aveva un arnese a tre punte al quale si appoggiava per riposarsi, mentre sulle spalle portava una enorme borsa.
Quando vide questa vecchina brutta e sdentata, Giovannino pensò che fosse la morte che cercava da tanto tempo, e avvicinandosi le disse:
"Bentrovata nonnina", e la vecchia con voce roca e flebile gli rispose: "Benvenuto giovane".
"Per caso, sei proprio tu la morte?" chiese Giovannino; "No," rispose la vecchina, "io sono la vita. E sai cosa c'è nella mia borsa? E' piena di ampolle, vasetti e barattoli di pozioni, unguenti e pomate per tutte le malattie degli uomini. Se un uomo ha una ferita, anche grandissima, io con amore gliela curo e la faccio risarcire, e se soffre anche di un dolore insopportabile, in poco tempo posso farglielo passare completamente".
"Nonnina," disse allora Giovannino, "potresti insegnarmi dov'è la morte?".
"Ma chi sei tu che con tanta insistenza mi fai questa domanda?", disse la vecchina; e il giovane le rispose: "Io sono Giovannino, che da tanti giorni, da tanti mesi e da tanti anni la sto cercando, e non ho mai trovato nessuno da nessuna parte che me l'abbia saputa indicare. Perciò, se tu sei lei, dimmelo per piacere, perché il mio desiderio è di vederla e di provarla, per sapere se davvero è mostruosa e paurosa come tutti la descrivono".
Sentendo questa pazzia la vecchina gli disse: "Se vuoi, figlio mio, te la farò vedere brutta com'è, e ti farò anche provare quanto fa paura".
Giovannino allora le disse: "Cara nonnina, non farmi più aspettare, fammela vedere subito".
La vecchina per accontentarlo gli disse di denudarsi, mentre si spogliava preparò un composto mescolando creme, unguenti e pozioni adatti a diverse malattie, e quando fu pronta gli disse:
"Chinati bene, figlio mio", e lui subito si inchinò. "Piega la testa e chiudi gli occhi", gli ordinò allora la vecchia, e lui le obbedì: la vecchina prese la spada che aveva a sinistra e con un colpo gli tagliò la testa di netto. Poi prese la testa, la poggiò sul collo, spalmò sulla giuntura un po' di quel composto che aveva preparato, e gliela riattaccò.
Ma non si è saputo come mai, se la vecchina fece troppo in fretta o se lo fece di proposito, gli aveva attaccato la testa rigirata.
Giovannino riaprì gli occhi, si guardò la schiena, i lombi e il didietro grosso e sporgente, cosa che non aveva mai visto prima, e si impaurì tanto che cominciò a tremare e non sapeva dove nascondersi, mentre con voce disperata e tremante supplicava la vecchia:
"Ah, povero me! che orrore! fammi tornare com'ero prima, rimettimi a posto nonnina per l'amor del cielo, non ho mai visto nulla di così brutto e pauroso! Che disgrazia! Levami, ti prego, da questa condizione orribile nella quale sono finito! Aiuto! Non lasciarmi così, soccorrimi subito tu che puoi, nonnina bella, non farmi più aspettare!".
La vecchina la sapeva lunga e stava zitta, fingendo di non accorgersi del suo errore lo lasciava piangente a bollire nel suo brodo. Alla fine, dopo avergli fatto passare parecchie ore in quelle condizioni, gli ordinò di chinarsi di nuovo, e con un colpo di spada gli ritagliò la testa. Poi la prese in mano, la rimise sul collo spalmando la ferita col suo unguento e immediatamente la testa si riattaccò come prima.
Giovannino, accorgendosi che era tornato normale, si rivestì, e avendo visto e provato la paura capì che la morte è brutta e terrificante.
Scegliendo le vie più diritte e meno accidentate tornò a Perdifumo più alla svelta che potè, e da allora in poi cercò la vita ed evitò la morte, trovando molte cose che prima non poteva vedere.
di Gianfrancesco Straparola