"L'ultima Imperatrice" di Jordan Wong Lee

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"L'ultima Imperatrice" di Jordan Wong Lee

Messaggiodi ziadada » 14/05/2010, 12:11

Trama (scopiazzata per pigrizia ;) ): "Jinko è stata venduta: diventerà una concubina dell'imperatore nella lontana Tengri, la meravigliosa capitale. Ma per il momento è solo una ragazza impaurita e non sa che un grande destino l'attende, che un principe si innamorerà di lei e che darà un erede al Figlio del Cielo. Nel frattempo un barbaro di nome Amra viene fatto schiavo dai nomadi della steppa e dovrà riconquistare la libertà a prezzo di una lotta durissima. La storia di Jinko, di Amra e del principe Kung, cugino dell'imperatore, è destinata a intrecciarsi con eventi di portata incalcolabile: il tramonto del glorioso Regno di Mezzo sotto i colpi degli invasori venuti da occidente e la sconfitta della tenebrosa magia di Suyodhana, capo degli eunuchi di Tengri e discendente dalla stirpe dei demoni Yama!"

Immagine

Ho iniziato questo romanzo dalla curiosa ambientazione che unisce una diligente ricostruzione di "fanta-Cina" con vaste pianure di confine popolate da vichinghi e pellerossa. Sinora non più di un onesto esercizio di artigianato dell'intrattenimento, ma vi farò sapere 8-)
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Re: "L'ultima Imperatrice" di Jordan Wong Lee

Messaggiodi ziadada » 08/06/2010, 11:54

Allora, ho letto questo romanzo con sentimenti ambivalenti, ma alla fine mi ha definitivamente conquistata.
La prima impressione che ne ho tratto è stata che si tratta di un libro scritto con grandissimo mestiere da esperto scrittore di letteratura di intrattenimento (a volte anche un po' piacione).
In corso d'opera, una cosa mi ha colpito: la storia si dipana attorno ad un nucleo leggibile come omaggio al cinema wuxia: non è nè un romanzo mimetico (un romanzo scritto da un occidentale come se fosse un romanzo wuxia) e neppure un romanzo in cui personaggi occidentali e contemporanei si muovono sul palcoscenico paludati da cortigiani cinesi del passato; "L'ultima imperatrice" è invece una storia scritta da un occidentale che ha in testa e negli occhi l'immaginario del cinema wuxia (ed anche di quello sui pellerossa, sui vichinghi, sulle orde mongole, sui tuareg...). Direi, se è lecito, che è un romanzo metacinematografico.
Al di là del mestiere, della trama, dell'intreccio, degli efficacissimi colpi di scena, ciò che mi ha definitivamente conquistato è il modo in cui sommessamente l'autore ha veicolato non le sembianze, ma il cuore di certo wuxia classico, e cioè l'impercettibile geometria della narrazione, che conduce sottotraccia ma inesorabilmente i personaggi da luoghi lontanissimi al punto d'incontro con il loro destino, ed un finale doloroso ma necessario che accomuna l'ambizioso all'irresoluto, il cospiratore all'impulsivo, l'umano al non umano.
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